C’è stato bisogno dello scoop del Riformista perché il centrodestra si accorgesse che l’amministrazione della giustizia in questo Paese è viziata. E naturalmente il risveglio garantista di quello schieramento politico, altrimenti assopito in una noncuranza perfetta, si manifesta nella concomitanza dell’ingiustizia ai danni del capo. È un peccato, perché in questo modo ci si rende responsabili di un comportamento dopotutto uguale a quello delle controparti forcaiole: con la giustizia che dai rispettivi punti di vista, e cioè dai balconi delle procure o dalla ridotta di Arcore, è buona o cattiva secondo che assolva Berlusconi o invece lo condanni.

A completare il quadro, in questo atteggiamento generale si registra poi il contributo degli alleati, perfettamente in linea quando reclamano il pugno di ferro contro i detenuti in crisi di astinenza e postano il selfie della merenda mentre nelle carceri si consuma la strage, tredici morti: e però anche per il capo leghista la giustizia è discutibile quando vuole processarlo, e tutt’al più quando pretende di far luce sull’assassinio di un drogato, roba da lasciar correre perché se si deve decidere da che parte stare lui sceglie le forze dell’ordine, mica i criminali. Ovviamente non tutta l’attenzione del centrodestra si segnala per questa intermittenza, ma è un fatto che da quella parte la sensibilità per la tutela dei diritti individuali si eccita perlopiù quando l’ingiustizia tocca le persone “perbene” o in ogni caso gli appartenenti al proprio circolo: e questo perché presso quel giro politico l’istanza garantista è solo una piega predicatoria della tradizione liberale Italiana, quella che con esattezza Alvaro definiva “l’atteggiamento di chi non ha gravi ragioni di sofferenza”.

Rivendicare che la difesa di Berlusconi è fatta per difendere il diritto di tutti si può, ma a patto che i diritti di tutti non vengano in conto esclusivamente quando si tratta di quelli di Berlusconi, perché allora si merita una critica anche più dura rispetto a quella che pretestuosamente rivolgono le controparti del populismo giudiziario: e cioè che i diritti di tutti sono impugnati per fare salvi quelli di uno soltanto, e giusto il tempo che serve.

La storia politica del centrodestra in argomento di giustizia è una ormai lunga teoria di sostanziali violazioni dell’obbligo riformatore, e a impedirne l’adempimento non sono stati gli ostacoli reazionari elevati dalla magistratura corporata, che pure esistevano e continuano a esistere: a impedire l’adempimento di quell’obbligo è stata e continua a essere l’indifferenza davanti all’ingiustizia comune, quella che non mobilita la resistenza delle milizie parlamentari e sfugge al dovere di denuncia degli editorialisti a indignazione comandata.