Le parole di Emmanuel Bonne, consigliere del presidente francese Emmanuel Macron, appaiono come una doccia fredda nelle relazioni tra Parigi e Pechino. Parlando con la Cnn all’Aspen Security Forum, Bonne ha parlato della Cina rivelando che esistono “indicazioni che stanno facendo cose che preferiremmo che non facessero”. Riferendosi in particolare all’equipaggiamento militare che, a suo dire, la Repubblica popolare starebbe consegnando alla Federazione Russa.

Il consigliere presidenziale, non una persona particolarmente nota sul fronte delle dichiarazioni pubbliche, ha parlato di “enormi capacità militari” fornite a Mosca, e si è augurato che Pechino si astenga da qualsiasi tipo di aiuto in favore della Russia. “Abbiamo bisogno che capiscano che l’Ucraina è un conflitto di portata globale e che non possiamo offrire all’Ucraina la sconfitta per ragioni di principio, ma anche per ragioni molto operative” ha continuato Bonne, “ciò che è in gioco per noi in Ucraina è molto più della sua sovranità: riguarda la stabilità del mondo”.

Subito dopo il rimprovero pubblico di Bonne sono intervenuti alcuni funzionari francesi che, sempre attraverso la Cnn, hanno cercato di ridurre la portata delle frasi del consigliere sottolineando di avere circoscritto il tema agli equipaggiamenti e non alle armi. Tuttavia, che uno dei più stretti consiglieri di Macron lanci questo tipo di avvertimenti nei confronti di Pechino è un elemento che in parte si scontra con la recente diplomazia dell’Eliseo. Una diplomazia fatta di ponti rivolti al presidente cinese Xi Jinping, al quale Macron ha più volte fatto riferimento come leader necessario per far desistere Vladimir Putin dal continuare la guerra in Ucraina.

Il leader francese, nel suo ultimo viaggio a Pechino nell’ambito della missione che aveva visto anche la presenza della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si era rivolto a Xi dicendogli di essere consapevole “di poter contare su di voi per riportare la Russia alla ragione e tutti al tavolo delle trattative”. Un’apertura di credito estremamente rilevante, che confermava l’interesse di Parigi a evitare uno scontro con Pechino in un’epoca di grande instabilità internazionale ma soprattutto in un’epoca in cui non è cessato l’interesse da parte francese a continuare la collaborazione (anche in campo economico) col gigante asiatico.

Del resto, lo stesso Macron – secondo più fonti – è stato colui che tra i leader della Nato ha frenato proprio sull’ipotesi dell’apertura di una sede dell’Alleanza atlantica in Giappone per evitare contrasti con la Cina. Una scelta che dalla Francia hanno giustificato con il fatto che la Nato debba focalizzarsi su ciò per cui è nata, rimanendo legata al Nord Atlantico, ma che va inevitabilmente letta alla luce dei molteplici richiami di Xi sull’evitare che gli Stati Uniti creino una coalizione che circondi la Repubblica popolare.

Questo non significa che l’Eliseo abbia sempre evitato pressioni nei confronti della Cina. Anzi, più volte i ministri di Parigi si sono esposti per chiedere al Dragone di spezzare, o quantomeno di ridurre, i legami strategici con il Cremlino, confidando magari in maggiori garanzie economiche e commerciali da parte dell’Occidente.

Il pressing diplomatico nasce però molto spesso dalle mancate risposte di Xi e del suo establishment, molto vaghi riguardo alla “alleanza senza limiti” sancita con la Russia. E su cui da tempo puntano i vertici occidentali. Insieme a Bonne, a premere sul tasto dei rapporti tra Mosca e Pechino è stato anche il capo dell’intelligence britannica, Richard Moore, che in una rara apparizione pubblica ha parlato in modo molto netto del sostegno della Cina alla Russia durante l’invasione dell’Ucraina. Frasi molto chiare che certamente evidenziano la netta posizione degli apparati britannici nei confronti tanto della leadership asiatica quanto del Cremlino. E che forse suggeriscono un’evoluzione dello strano equilibrio triangolare tra Cina, Occidente e Russia.