È un nuovo caso Pinelli? Un nuovo caso Cucchi? – per citare i precedenti più celebri. Forse sì. La storia che hanno raccontato ieri in una conferenza stampa a Montecitorio i genitori di Hasib Omerovic è una storia da brividi e nella quale le responsabilità della polizia sembrano comunque evidenti e gravissime. C’è stata una incursione in casa di un libero cittadino, ci sono state quasi certamente molte botte e poi – forse – c’è stata addirittura la sua defenestrazione. Pazzesco.

La vittima si chiama Hasib Omerovic, ha 36 anni, nessun precedente, è sordomuto dalla nascita. La sua è una famiglia rom, e non si può certo escludere che il secolare e radicatissimo pregiudizio verso i rom possa aver avuto un ruolo in questa vicenda orrenda. Hasib ora è in coma in un lettino dell’Ospedale Gemelli, a Monte Mario. Braccia rotte, ferite ovunque, grave trauma cranico, fratture varie, ed è in questo stato da 50 giorni.

La mamma di Hasib, Fatima Sejdovic, ieri ha raccontato la storia di suo figlio insieme a Riccardo Magi, deputato radicale, a due avvocati (Susanna Zorzi e Arturo Salerni) e a Carlo Stasolla (esponente di una associazione che si occupa soprattutto della difesa del popolo rom). Il racconto, a occhio, è assolutamente incredibile. Però gli avvocati e Stasolla hanno verificato molti particolari, e tutti i particolari convergono e accreditano il racconto della madre di Hasib. Non risulta nessuna contraddizione e ci sono molti riscontri. E su questa base gli avvocati il 10 agosto hanno presentato un esposto in procura e la procura ha aperto un fascicolo per tentato omicidio in concorso.

Di questa inchiesta però non si è saputo nulla. In genere la procura di Roma non è impenetrabile per i giornalisti. Se c’è un traffico di influenze, dopo un paio d’ore lo sai. Se buttano un rom dalla finestra è diverso. Scatta il riserbo. Non risulta che sia stata aperta nessuna indagine interna dalla Questura di Roma né dai vertici della polizia. Magi ha presentato una interrogazione alla ministra.

Ecco che cosa è successo. Il giorno è il 25 luglio. I genitori di Hasib sono usciti di casa insieme alla sorella maggiore intorno alle 10 e mezzo del mattino. Hasib è stato lasciato a fare compagnia alla sorella più piccola, Sonita, che ha dei problemi di sviluppo mentale e i genitori preferiscono non lasciarla sola a casa. Hasib non sente e non parla dalla nascita, ma è un ragazzo intelligente, è capace di badare alla sorella. Hasib non sa che da qualche tempo, nel quartiere di Primavalle, dove abita – nella periferia nord ovest di Roma, vicino a Monte Mario – girano delle brutte voci su di lui.

In una pagina Facebook sulla quale scrivono i cittadini di Primavalle è apparso un post molto allarmante: “Hashib ha importunato alcune ragazze e vogliono mandarlo all’ospedale”. E poi un post ancora più terribile: “Fate attenzione a questa specie di essere, perché importuna le ragazze, bisogna prendere provvedimenti”. E vicino ai post una foto di Hasib accanto a un cassonetto.

Questo è l’antefatto. Il 25 luglio cinque o sei poliziotti, probabilmente verso mezzogiorno e mezzo, si presentano a casa di Hasib, suonano il campanello, lui non apre perché, ovviamente, non sente. Suonano ancora e alla fine la sorella si decide ad aprire la porta. Più tardi racconterà ai genitori che cosa è successo e che cosa ha visto. I poliziotti entrano in casa, senza mandato, spediti a compiere questa azione non si sa da chi, chiedono i documenti ad Hasib ma non dicono perché.

Hanno qualche problema a farsi capire, naturalmente, e forse si innervosiscono. Comunque Hasib gli dà i documenti che infatti i genitori, quando rincasano, troveranno sul tavolo disposti in bell’ordine. A questo punto non si sa cosa succede ma Sonita racconta che i poliziotti, che erano vestiti in borghese, chiudono la serranda del salotto, scattano alcune foto, fotografano Hasib seduto sul divano, e poi iniziano a picchiare. Hasib cade a terra, loro lo colpiscono a calci, lui, che è un ragazzo grosso e forte, si rialza, fugge in camera da letto e chiude a chiave la porta.

“Loro lo inseguono, buttano giù la porta gli danno ancora pugni e calci e poi lo gettano dalla finestra”. Il racconto della sorella appare credibile, perché in casa ci sono macchie di sangue, perché la scopa con la quale Sonita dice che hanno picchiato il fratello è spezzata in due, perché il termosifone è sradicato, e Sonita dice che il fratello si era attaccato al termosifone, forse per impedire di essere gettato giù. Hasib si è rotto in molti punti le braccia. Vuol dire che ragionevolmente è caduto a testa in giù. È improbabile che sia saltato dalla finestra a testa in giù.

A questo punto è l’una e dieci. Una vicina di casa telefona alla sorella grande di Hasib, che è in giro in città coi genitori, e l’avverte che Hasib è caduto dalla finestra. Un incidente, un incidente. Poi gli passa al telefono un poliziotto che dice di stare tranquilli, si è solo rotto un braccio ed ora è al pronto soccorso. I genitori tornano a casa. I poliziotti non ci sono più. I genitori ricostruiscono sulla base del racconto di Sonita, che è li, basita, attonita, scioccata. Vanno all’ospedale e scoprono che Hasib è in fin di vita.

Poi nei giorni successivi vanno al commissariato Primavalle, nessuno li riceve, ma alcuni poliziotti ammettono qualcosa. Sì – dicono -, siamo andati lì, c’è stata una colluttazione poi lui si è gettato dalla finestra del terzo piano. Nove metri di volo. Si è gettato non si sa perché, un po’ come mezzo secolo fa Pino Pinelli si gettò dalla finestra della questura di Milano.

Passano dieci giorni. Poi la famiglia di Hasib si rivolge a una avvocata amica, e lei presenta l’esposto. L’esposto arriva sul tavolo del Pm Stefano Luciani, noto per la sua scrupolosità. Luciani apre un fascicolo. Proprio ieri, dopo la conferenza stampa, si è saputo che Luciani è stato inviato a nuovo incarico, all’antimafia. Però sembra che lui abbia chiesto di poter continuare a seguire il caso Hasib. Speriamo.

Ora tralasciamo per un attimo la gravità di questa vicenda e il dolore di Hasib e della sua famiglia. Solo una domanda marginale. Come è possibile che su una vicenda del genere non si sia saputo niente? Come è possibile che a 50 giorni dall’episodio la polizia non abbia almeno fornito una sua versione dei fatti? Come è possibile che i giornali non siano stati informati? In questo paese può succedere che la polizia fa irruzione in casa di un sordomuto, lo picchia, forse addirittura – volontariamente o più probabilmente per errore – lo getta dalla finestra, o comunque non impedisce che questo ragazzo si getti dalla finestra in presenza di almeno quattro poliziotti in una stanzetta, come è possibile che nessuno sappia niente. La ministra sapeva? Era stata informata? Ora sa, se legge i giornali: intende riferire alla stampa nelle prossime ore? Provare a spiegare? Sarebbe il minimo del minimo del minimo del suo dovere.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.