Politica
I Diritti umani trovano casa in Commissione

La comunicazione ha le sue regole e una di queste è la capacità di creare eclatanza intorno alla notizia. Prendiamo la questione dei diritti umani: chi mai sarebbe disposto a dichiarare l’irrilevanza di un tema così centrale, così percepibile, così facilmente condivisibile da ognuno? Almeno in teoria e fino a quando si resta nella nomenclatura dei massimi sistemi. Eppure, per richiamare l’attenzione della gente su un tema sensibile ai diritti che interpella gli italiani nella versione tanto amata del “conflitto guelfo/ghibellino”, bisogna far ricorso al dibattito sulla proposta Zan e allo strascico Lgbt che si porta appresso.
Ma, appunto, se dai massimi sistemi si scende alle declinazioni concrete, a volte soltanto agli adempimenti di impegni assunti dall’Italia sul piano internazionale, ecco che sale una nebbiolina di nascondimento e di oblio e la cosa si svapora. Che dire, allora, del silenzio che avvolge l’iter approvativo-inceppato da almeno tre legislature della proposta di legge che da’ attuazione alla risoluzione Onu del 1993 sulla promozione e la protezione dei diritti umani? Ventotto anni di ritardo: troppi, ricordava opportunamente la Ministra Cartabia lamentando la mancata strutturazione dell’Autorità italiana per la tutela dei diritti umani, un tema che peraltro, intersecherebbe anche l’ambito delle dignità e dei diritti della persona richiamati nella proposta Zan, e che dunque, se approvato, potrebbe offrire risposte non divisive alla richiesta di impegni concreti contro le discriminazioni. Chissà perché su questo versante degli human rights lo slancio creativo del legislatore s’inceppa, quasi che l’argomento porti con se’ un’astrazione indegna di un impegno che lo accompagna verso un binario periferico, dove passano, ma non frequentemente, solo vecchi treni merci. Per cui se, per qualche miracolo, capita che un vecchio locomotore riesca a muoversi alla Camera, poi si incaglia al Senato o viceversa.
Pescando nella recente memoria parlamentare si ricorda il caso della legge sulla tortura, provvedimento necessario in adempimento alla Convenzione di New York del 1983: fu approvata solo nel 2017, dopo 33 anni. E non è che l’applicazione dei principi in essa contenuti fosse solo materia per esercizio teorico: si pensi, tanto per citare ricorrenze, a Genova 2001 e ai procedimenti che ne sono seguiti. Ma la legge sulla promozione dei diritti umani che ancora non c’è potrebbe intercettare una condivisione larga, almeno quanto quella che sostiene il governo Draghi, attorno ad una piattaforma normativa che si propone di dare attuazione agli impegni assunti dall’Italia con la firma della Risoluzione 48/134 Onu del 1993. Quel documento impegnava gli Stati sottoscrittori ad istituire organismi nazionali, caratterizzati da autorevolezza e indipendenza, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Nell’ambito della risoluzione venivano anche stabiliti alcuni criteri che gli organismi nazionali di tutela dei diritti umani avrebbero dovuto soddisfare, tali da caratterizzare i tratti essenziali delle autorità indipendenti (indipendenza ed autonomia operativa e finanziaria dal Governo, pluralismo, ampio mandato basato sugli standard universali dei diritti umani, adeguate risorse e potere di indagine).
Su questa scia il Parlamento lavora da diverse legislature, dando talvolta l’impressione di essere a qualche passo dall’obiettivo: nella 16ma, infatti, il Senato arrivò ad approvare. Ma per quella storia dei binari di cui si diceva, il treno s’incagliò e la storia finì lì. Adesso ha trovato ospitalità e stazionamento nella I Commissione Affari Costituzionali della Camera, con un testo unificato, che vede la convergenza di tre proposte di legge, dal titolo lungo e programmatico: Istituzione della Commissione Nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali e per il contrasto alle discriminazioni. Sarebbe il caso di chiudere in modo degno questa partita, e non solo per uscire dal cono d’ombra in cui siamo gettati con gli altri quattro Stati sovrani europei, reprobi per mancato adempimento (Cechia, Romania, Malta, Estonia). Ma anche perché appare un paradosso grande come una casa azzuffarsi per il disegno di legge che enfatizza un aspetto, sicuramente importante, del pregiudizio che discrimina, e tenere a bagnomaria tutto lo spettro della discriminazione e dei diritti fondamentali. Peraltro tutti abbracciati da un solido bouquet di precetti costituzionali.
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