Scott Fitzgerald, ancora? Ancora, sì. Fitzgerald, “vecchio mio“, come Gatsby chiama il narratore Nick Carraway, uno degli scrittori americani più amati ha ancora da dare, ancora da dire. Con l’amico-rivale Hemingway, Francis Scott Fitzgerald ha inondato di luce americana l’universo della letteratura mondiale, la luce dell’età del jazz ma anche le ombre senza tempo delle inquietudini umane. E dunque Jay Gatsby è qui tra noi, e anche Dick Diver, il protagonista di “Tenera è la notte” (per chi scrive, il suo capolavoro), e i “Belli e dannati” e Monroe Stahl, il produttore de “Gli ultimi fuochi“, e le mille luci dell’America non smetteranno mai di brillare su smoking sgualciti e bicchieri di whisky tintinnanti di ghiaccio, i giri di frase inconfondibili di sfaccendati e belle ragazze a Long Island o in Costa Azzurra.

Fitzgerald scrisse molto, freneticamente: solo Balzac ebbe quella velocità. Perché entrambi avevano un disperato bisogno di soldi e la penna era la loro unica arma per procurarsene: più scrivi e più franchi o dollari entrano in tasca. Eccolo dunque il nostro Scott Fitzgerald – con Zelda accanto a deliziarlo e insieme a tormentarlo – produrre una quantità enorme di racconti, forma narrativa che neppure gli piaceva: arrivò a scriverne 178 in tutto nell’arco di un ventennio ma ne inserì solo una quarantina nelle raccolte pubblicate in vita, e uscite a ridosso dei suoi quattro romanzi. Grande merito dunque alla sempre ottima Minimum fax che per la prima volta in Italia ha deciso di pubblicare questi gioielli tutti assieme, per ordine di raccolta.

Si parte così da “Maschiette e filosofi” del 1920, lo stesso anno del romanzo “Di qua dal paradiso”; si prosegue con i “Racconti dell’età del jazz”, forse la sua raccolta più celebre, uscita nell’anno di “Belli e dannati“, per passare ad “All the Sad Young Men”, del 1926, l’anno successivo alla pubblicazione de “Il Grande Gatsby” e concludere il percorso con “Taps at Reveille” del 1935, un anno dopo “Tenera è la notte”. È una lettura preziosa, in molti momenti squisita, questa dei racconti fitzgeraldiani, anche perché è come un gigantesco corollario ai suoi grandi romanzi. E il consiglio è di rileggere “Gatsby” o “Tender is the night” dopo aver letto questa raccolta per trarne ancora maggior piacere, come chi si tuffasse nel mare dopo una corsa sulla spiaggia dorata. Fitzgerald, “vecchio mio”.