A questo governo i libri non devono piacere proprio tantissimo. E se il ministro Sangiuliano, che pure sui suoi social ne consiglia uno al giorno, al recente premio Strega ha involontariamente confessato pubblicamente di non leggerli, la premier Giorgia Meloni va oltre: li censura. E censura pure i suoi ministri chiamati a presentarli.

Per ben due volte, infatti, avrebbe proibito ai suoi ministri di partecipare alle presentazioni de “I potenti al tempo di Giorgia”, il best seller di Luigi Bisignani e Paolo Madron giunto alla quarta edizione e che peraltro parla bene di lei, pur senza scadere nell’agiografia, anche se criticamente di alcuni personaggi del suo cerchio magico, compresi appunto ministri che in cuor suo amerebbe tanto sostituire (e non è detto che, pronosticano i due autori, lo faccia).

Il primo niet è del 21 luglio scorso, ad Avellino. Ad organizzare l’evento, un suo grande estimatore politico, Gianfranco Rotondi, ospite d’onore il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi, che pure è nativo di quelle parti. Ebbene, alla vigilia della presentazione, il titolare del Viminale dà buca, costringendo un imbarazzato Rotondi ad annullare tutto.

Il secondo niet è relativo a ieri, mercoledì 2 agosto, a una delle manifestazioni più blasonate dell’estate, Capalbio Libri, dove si preparava a mettere a confronto, con Bisignani e Madron, il più liberal della compagine meloniana, Guido Crosetto; tutti e tre moderati dal direttore del Tirreno Luciano Tancredi. Ma anche in questo caso, stesso copione di Avellino.

Venerdì 28 luglio gli organizzatori si vedono arrivare un fax dalla segreteria del ministro della Difesa che, per impegni sopraggiunti, non avrebbe partecipato. Peccato, perché a Capalbio si sarebbe parlato di intercettazioni non autorizzate, uno dei capitoli più interessanti del volume, dove si parla di 400 utenze attenzionate e di cui la premier sarebbe stata informata appena messo piede a Palazzo Chigi. Materiale che aveva dato il destro a Matteo Renzi di chiedere, attraverso un’intervista a Repubblica, spiegazioni al Sottosegretario competente, Alfredo Mantovano, e al Copasir, il comitato che sorveglia l’operato dei Servizi.

Un argomento di dibattito scottante, visto che nonostante le smentite di Mantovano il Copasir e la Procura di Roma stanno continuando ad indagare, oltretutto quest’ultima dopo una denuncia contro anonimi dello stesso Crosetto in cui lamentava di essere vittima di attività di dossieraggio. È forse questo il motivo principale per cui Meloni ha indotto il gigante di Cuneo a rinunciare?

Forse sì, perché la discussione avrebbe potuto creare qualche imbarazzo politico. Ma se ad Avellino l’evento è stato annullato, a Capalbio si è tenuto nonostante il forfait di Crosetto. E naturalmente, come avviene sempre quando si censura qualcosa, le attese per l’incontro di ieri si sono moltiplicate.

Ma non è quello delle intercettazioni il solo motivo che agli occhi della premier Meloni ha reso “I potenti al tempo di Giorgia” un libro da proibire. Alla Presidente del Consiglio non sono piaciute anche alcune indiscrezioni su storia e ascesa di persone a lei vicine, dalla sorella Arianna al cognato Francesco Lollobrigida, a molti di coloro che l’hanno vista politicamente nascere e ne hanno accompagnato la brillante carriera politica. Ma sono soprattutto le pagine dedicate al compagno Andrea Giambruno, giornalista di Mediaset, che le sarebbero andate di traverso: i suoi inizi televisivi, le sue collaborazioni giornalistiche al Tempo con lo pseudonimo di Arnaldo Magro, il patto tra Meloni e Marina Berlusconi, che lui avrebbe propiziato grazie agli ottimi rapporti con il fratello Pier Silvio.

Notizie che hanno dato origine anche alla censura televisiva del libro. Mediaset aveva infatti annullato agli inizi di giugno due partecipazioni, concordate da tempo con la casa editrice Chiarelettere, di Bisignani al programma di Nicola Porro “Quarta Repubblica”, e a “Stasera Italia”, il talk condotto da Barbara Palombelli. Anche qui, convocazioni disdette poche ore prima della messa in onda, dopo che la produzione ne aveva addirittura programmato i dettagli logistici con lo stesso Bisignani.

In questo caso il niet è arrivato direttamente da Arcore, dove ancora regnava Marta  Fascina di cui “I Potenti al tempo di Giorgia” ricostruisce l’irresistibile ascesa, con una sigla VMS (Villa San Martino) apposta in calce ai fogli inviati per lo stop.
Insomma, amorale della favola: una premier che si professa liberale ha compiuto uno degli atti più illiberali che si possano fare, censurare un libro. Lo scorso maggio il governo tutto era giustamente insorto contro la gazzarra scatenata al Salone del libro per impedire alla ministra della Famiglia Eugenia Roccella di presentare la sua autobiografia. “Quanto accaduto oggi al Salone del Libro di Torino è inaccettabile e fuori da ogni logica democratica” aveva tuonato Giorgia Meloni in una nota. Giusto. Ma allora, non si facciano due pesi, due misure. Questione di coerenza.

Leone Cardi

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