«Questo è un viaggio non “per” ma “con” i detenuti, con donne e uomini che si sono raccontati attraverso immagini e parole; una raccolta di storie, tra le più significative storie di povertà in carcere scolpite nel cuore e nella memoria», scrive Rossana Ruggiero che – con Matteo Pernaselci – ha realizzato “I volti delle povertà in carcere” (Edb), con la prefazione del cardinale Matteo Zuppi.

Ora che finalmente la questione carceri è così fortemente posta all’attenzione dell’opinione pubblica e, speriamo, del mondo politico (l’apertura della Porta Santa a Rebibbia da parte di Papa Francesco e la menzione del problema nel discorso di fine anno del presidente della Repubblica ne sono stati momenti essenziali), un libro come questo ha un’importanza particolare.

È un viaggio nel disagio carcerario, un ascolto partecipato delle “voci di dentro”, è una meditazione religiosa sulla speranza. Dentro la questione carceraria, una vera e propria emergenza, esiste un nucleo duro rappresentato dalla tragedia della povertà. Qui, per capirci, si legge di un detenuto che preferisce il carcere alla condizione di miseria che inevitabilmente vivrebbe una volta “fuori”. Ma – a parte le meritorie associazioni di volontariato, per lo più cattolico – chi si occupa di questo aspetto? C’è la Chiesa, ma dov’è lo Stato? Perché il problema è proprio dello Stato.

«Quando nei luoghi della sofferenza il processo della speranza si interrompe», allora crolla il senso stesso della pena intesa come rieducazione. E il libro è una raccolta di esperienze in questo senso durissime, con racconti e pensieri che non cessano di essere monito per un paese civile, giacché – come scrive monsignor Zuppi – «un carcere solamente punitivo non è né civile, né umano e nemmeno “italiano” perché non risponde a quanto abbiamo sottoscritto nel patto fondamentale della nostra cittadinanza. La sicurezza non è data dalle famose chiavi da buttare, ma anzi esattamente dal contrario, cioè dalla rieducazione, con tutto quello che comporta. Certo, è indispensabile la certezza e la sicurezza delle pene. Sappiamo quanto al contrario si favorisca il cattivismo e la vendetta. Ma proprio per questo sono importanti le pene alternative che, proporzionate e amministrate con saggezza, sono le uniche che possono aiutare a cambiare, a guardare il futuro». Non si tratta – precisa – di «concessioni “buoniste”». Si tratta di civiltà. Purtroppo ne siamo lontani. Ecco perché un libro come questo realizzato da Ruggiero e Pernaselci serve. E molto.