Il calciatore conosciuto, non tesserato, che scommetteva. L’identikit perfetto per essere arrestato. Più di dieci anni dopo sono stato assolto perché il fatto non sussiste”. Le parole di Beppe Signori, ex calciatore, sono ancora cariche di amarezza per l’assurda vicenda giudiziaria che lo ha travolto. Un calvario durato oltre dieci anni ma che ha visto una lieta conclusione ma per il campione solo in parte: “Dieci anni persi perché il mio sogno era quello di continuare a fare quello che ho sempre fatto nella mia vita, calpestare un campo verde. Nel 2011 mi è stata tolta questa possibilità. Il sogno si è interrotto ma spero, non dico di recuperare il tempo perché quegli anni nessuno te li restituirà mai, ma ricominciare e guardare avanti al futuro”.

Beppe Signori, 54 anni, è il nono marcatore di sempre nella storia della Serie A. Nel corso della carriera ha indossato le maglie di Piacenza, Foggia, Lazio, Sampdoria e Bologna, città nella quale tuttora vive. Dal 1992 al 1995 è stato giocatore della Nazionale di calcio italiana, con cui ha disputato i Mondiali di USA ’94, sotto la direzione di Arrigo Sacchi. Il 1° giugno 2011 è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta legata al calcioscommesse e il successivo 9 agosto la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) lo ha radiato a vita. “Da idolo delle tifoserie in un attimo a un delinquente, ma ero innocente”, racconta Signori.

Dopo dieci anni di processi istituiti da più tribunali (Cremona, Bologna, Modena, Piacenza), viene assolto da tutti i capi di accusa per i reati non caduti in prescrizione, e il 1° giugno 2021 viene riabilitato dalla FIGC con un provvedimento di grazia emesso dal presidente Gabriele Gravina. Una vicenda che ora l’ex calciatore racconta con grande amarezza: “Tutto è iniziato il primo giugno 2011 e si conclude il 1 giugno del 2021. Ho saputo di essere arrestato da mia sorella con una telefonata. La Procura di Cremona aveva già venduto la notizia ai giornali. Mentre ero sul treno tornando da Roma a casa a Bologna mia sorella mi chiese in lacrime in quale carcere fossi. Io ne rimasi sorpreso. Lei mi disse che la notizia era su tutti i giornali. Controllai sullo smartphone ed era così. Ovunque c’era la mia foto, la mia faccia con la maglia e i titoli che dicevano ‘Signori arrestato per il calcio scommesse’. Io sono stato l’ultimo a saperlo”.

Signori passò circa 10 giorni agli arresti domiciliari. Poi continuò a vivere quegli anni atroci in cui non riusciva nemmeno ad accendere la televisione per non incappare in programmi che parlavano di lui e non aveva voglia nemmeno di uscire. Quell’accusa infamante per un campione come lui era davvero troppo. “La cosa che più mi ha ferito è stata la leggerezza con cui fu portata avanti l’indagine – dice – Se veramente ci fosse stato tutto questo coinvolgimento da parte mia e degli altri, eravamo in 135, lasciare andare in prescrizione una cosa così significa che veramente c’era poco o niente. Dieci anni buttati via, soldi spesi inutilmente, a livello psicologico una situazione pesantissima. Ogni volta che accendevo la tv sentivo il mio nome e andavo in crisi. Mi venne anche un’embolia polmonare”.

Signori racconta di essersi trovato per caso in mezzo a quell’indagine sul calcio scommesse. “C’era una schiera di persone che scommetteva su determinate partite. Tra questi c’erano due miei commercialisti. Il tutto iniziò da un incontro fatto il 15 marzo 2011 a cui ho partecipato come colui che doveva dare dei soldi. In quella circostanza ho rifiutato ma sono finito dentro l’indagine. Mi hanno fotografato e sono partiti i pedinamenti. Sono stato coinvolto come il ‘capo dei capi’, senza un’intercettazione. Così mi sono visto costretto a comprare 87mila intercettazioni per capire. Qualcuno faceva il mio nome ma nulla più”.

La storia continua: “Quando mi sono presentato al primo interrogatorio di Garanzia, chiesi al Gip cosa c’entrassi io. Dopo 3 minuti il Pm si alzò e andò via dicendo che quell’interrogatorio era inutile. Evidentemente pensava che gli raccontassi chissà che cosa. Dopo quella volta io il Pm non l’ho più rivisto, non mi ha più interrogato. Ho fatto 48 minuti di interrogatorio totali. Essendo anche il ‘boss dei boss’ mi sembra un po’ riduttivo. Poi negli anni ho chiesto più volte di essere interrogato e mi è sempre stato negato”.

“In quel momento probabilmente avevo l’identikit del perfetto uomo che aveva una certa conoscenza a livello mediatico, che poteva tener su un’inchiesta di questo genere, che gli piaceva scommettere, e questo non l’ho mai nascosto, ma erano sempre fine a se stesse, non per andare ad alterare il risultato di qualche partita. Un po’ come quella del Buondì in 30 passi. Me lo potevo permettere perché non ero tesserato, ero un semplice cittadino che scommetteva sulle partite come fanno tanti italiani. Forse proprio per questo potevo essere trattato in quel modo”.

Nel 2014 insieme a Patrizia Brandi, suo avvocato, decide di iniziare una battaglia per far emergere la verità. “Siamo arrivati fino in fondo e alla fine ho avuto la piena assoluzione perché il fatto non sussiste. Questo mi ha dato la possibilità di riaprire quello con la federazione, tanto che sono stato graziato. Ho rinunciato anche alla prescrizione perché mi sentivo innocente e volevo dare una risposta ai miei figli. Per me è stato un sollievo, ho dato a loro e a me un grande sollievo”.

Ed è proprio ai figli che ha dedicato il libro autobiografico dal titolo “Fuorigioco. Perde solo chi si arrende” (Sperling & Kupfer). Il volume è stato presentato nel salotto del Lido Varca d’Oro di Varcaturo, diretto dal manager Salvatore Trinchillo, per la rassegna i Varcautori, curata da Vincenzo Imperatore. Il volume si snoda in 11 capitoli. Proprio quanti sono i giocatori in campo nelle partite di pallone. Ed è lì che Signori vuole tornare presto, ricominciare da dove aveva lasciato.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.