«La nomina di Marco Mescolini a procuratore di Reggio Emilia? Il frutto di un accordo fra le correnti della magistratura, o meglio frutto sicuramente di un accordo tra i gruppi (con tanto di capogruppo) che si formano all’interno dell’Organo di autogoverno della magistratura», dichiara l’ex vice presidente della Camera Antonio Leone. Leone è un testimone più che attendibile: era nella scorsa consiliatura del Csm quando venne nominato Mescolini.

Presidente Leone, infuria la polemica sulla nomina di Mescolini. Sono state presente molte interrogazioni parlamentari ed esposti al procuratore generale della Cassazione. Mescolini, oltre ad essere finito nella chat di Palamara, è sostanzialmente “accusato” nell’indagine Aemilia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord di non aver approfondito i rapporti fra i clan cutresi e gli esponenti locali del Pd. Il Riformista ha intervistato l’ex procuratore di Bologna Roberto Alfonso e il sostituto della Dna Roberto Pennisi, che svolse con Mescolini le investigazioni. I due magistrati hanno confermato che fu raccolto molto materiale che riguardava anche altri livelli.
Non entro nel merito dell’indagine che non conosco. Io posso parlare e ricordare solo quanto accadde sulla nomina di Mescolini.

Ci racconti allora di questa nomina. Una nomina che non arrivava mai. Nella chat di Mescolini con Palamara, all’epoca presidente della Commissione per gli incarichi direttivi, emerge chiaramente il pressing su quest’ultimo affinché portasse in Plenum la pratica.
Guardi, il posto di procuratore di Reggio Emilia era vacante da luglio del 2017. La Commissione per gli incarichi direttivi aveva votato per la copertura di quel posto il successivo mese di ottobre…

Cinque i voti per Mescolini, uno per D’Avino, procuratore aggiunto di Napoli di cui all’epoca si ricordano i contrasti con Woodcook sull’indagine Consip. Cosa successe dopo?
Il voto in Plenum era fissato per la seduta del 14 febbraio del 2018. Ci fu la discussione. I togati di Mi, la corrente di D’Avino, puntarono sulla sua maggiore anzianità, sul fatto che aveva già le funzioni semidirettive e una esperienza decennale nel contrasto ai reati contro la Pa e contro la criminalità.

Poi?
Alla luce di una prevedibile “battaglia” venne deciso di rinviare la pratica alla seduta successiva, quella del 21 febbraio. Evidentemente però per quella data i “venti di guerra” non erano sopiti e si decise per un altro rinvio. Questa volta a data da destinarsi.

A quel punto la vicenda di Mescolini si intreccia con D’Avino?
D’Avino oltre ad essere in corsa per la Procura di Reggio Emilia, aveva fatto domanda per la Procura di Parma. Il bando era scaduto a fine gennaio 2018. La Procura si sarebbe liberata a marzo.

Lei dopo il rinvio del 21 febbraio non si è mai domandato come mai questa pratica non veniva messa all’ordine del giorno del Plenum? Bisognerà aspettare infatti il Plenum del 4 luglio.
I “traccheggiamenti” avvenivano spesso, proprio per cercare di accontentare i vari contendenti.

Quindi conferma che per mandare Mescolini a Reggio Emilia fu necessario trovare un soluzione che “accontentasse” D’Avino?
Certamente. Altrimenti non ci sarebbe stata ragion d’essere perché passasse tanto tempo per la copertura di una Procura importante che tutti sollecitavano.

Ma su questi accordi “transattivi” voi laici non potevate opporvi?
In tema di nomine, a differenza di quello che dicono alcuni politici, i laici “contano” poco. Per un fatto squisitamente numerico: i togati al Csm sono il doppio dei laici.

E questo è infatti confermato dalle chat di Palamara. Le interlocuzioni avvenivano solo con i colleghi, al Csm. Un’ultima domanda: Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti è intervenuto in difesa di Mescolini. Cosa pensa?
Le sembra un Paese normale quello in cui un ex procuratore nazionale antimafia scenda in difesa di un magistrato che oggi viene additato come uno che non ha approfondito indagini su di un partito e lo fa oggi da eurodeputato proprio di quel partito?