Giorgia Meloni ha preso carta e penna e ha scritto al Corriere della Sera per spiegare la sua posizione sul fascismo. Ha confermato di essere pienamente in linea con Ignazio La Russa e Lollobrigida. Non ha nessuna intenzione di dichiararsi antifascista (è una parola per lei impronunciabile), rivendica con un certo orgoglio, anche se usando molte allusioni, il passato missino del suo partito, sceglie, nel giorno della caduta del fascismo, di polemizzare con la sinistra e di concedere attenuanti al regime nazi-fascista, derubricando gli orrori dell’Olocausto ed equiparandoli alla storia di tutti i regimi autoritari.

L’unico accenno di condanna del fascismo sta in poche righe della sua lettera che suonano così: “I partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”. Non riesce ad andare oltre il giro di parole. E cerca di coinvolgere nella polemica, che riguarda solo lei, partiti che con il fascismo non hanno e mai hanno avuto niente a che fare, come Forza Italia o la Lega o i cattolici di Lupi. Dopodiché inizia la sua polemica con l’antifascismo, attaccando le componenti di sinistra della Resistenza – cioè quelle che organizzarono e guidarono la Resistenza – che, secondo lei, non auspicavano un esito democratico della guerra partigiana. Naturalmente si riferisce al Pci. Ora è bene chiarire un punto essenziale. Il Pci (cioè il partito comunista italiano) guidò la Resistenza sul piano politico e militare, diede il maggior contributo rispetto a tutti gli altri partiti alla Liberazione e poi alla scrittura della Costituzione.

 

Il Pci fu fondamentale e decisivo nella costruzione della democrazia italiana e negli anni successivi la difese sempre con i denti. La Costituzione fu il frutto di un’intesa – più un’intesa che un compromesso – tra comunisti e cattolici. Un’intesa politica avanzatissima e di ispirazione marcatamente socialista. Negare tutto questo è semplicemente un penoso arrampicarsi sul cristallo.
La parte più sorprendente della lettera di Giorgia Meloni è quella nella quale ricostruisce la storia del Msi (il partito fondato da Almirante e Michelini sulle ceneri del vecchio partito fascista) e attribuisce al Msi il ruolo di federatore degli altri partiti della destra. Cioè descrive il centrodestra che oggi governa l’Italia, come il frutto di un allargamento del vecchio Msi. Trascrivo letteralmente questo passaggio: il Msi… “si impegnò a traghettare milioni di italiani nella nuova Repubblica parlamentare, dando forma alla destra democratica. Una famiglia che negli anni ha saputo allargarsi, coinvolgendo nelle proprie fila anche esponenti di cultura politica come quella liberale e quella cattolica”. È una specie di Anschluss, tanto per usare parole dell’epoca…

La frustata della Meloni a tutta la politica italiana non penso che sia involontaria. La premier ha deciso di rivendicare la sua origine e il suo pensiero e di non discostarsi neppure di un centimetro dalle idee di La Russa o di Lollobrigida e molti altri. Sfidando, immagino, sia l’antifascismo ribadito dalla Lega sia la fortissima affermazione a favore della resistenza pronunciata proprio l’altra sera da Silvio Berlusconi. Ha ragione Mattarella (ed era giusto il nostro titolo di ieri): Ora e sempre Resistenza, perché c’è ancora molto, molto da fare e da combattere…

P.S Che dire di un presidente del Senato che il giorno nel quale si celebra la Liberazione se ne va a Praga? Si può anche dire: niente di male, è suo diritto rifiutare l’antifascismo e tenere in casa il busto di Mussolini. Chiaro che è suo diritto, uno dei cardini dell’antifascismo è la tolleranza, anche verso i fascisti e anche se non è ricambiata. Ma siamo sicuri che il Senato abbia avuto una buona idea ad eleggerlo presidente? E lui si è accorto di essere stato eletto presidente?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.