La metà delle indagini definite presso la Procura di Napoli nell’ultimo anno si risolve in una richiesta di archiviazione. È uno dei dati che emergono dal bilancio annuale del distretto giudiziario napoletano. Nell’ultimo anno si sono contati 80.813 procedimenti contro indagati noti definiti presso le Procure di Napoli e del distretto (che include gli uffici di Avellino, Benevento, Napoli, Napoli nord, Nola, Santa Maria Capua Vetere, Torre Annunziata, escludendo Salerno) e per il 50% dei casi, quindi per 40.268 procedimenti, è stata avanzata richiesta di archiviazione.
Numeri che aprono a più riflessioni: da quelle sulle troppe fattispecie di reato contemplate nel nostro ordinamento a quelle sull’utilità e sulla indispensabilità di molte indagini, fino a quelle sui tempi, ancora troppo lunghi, di indagini e processi. Insomma, il campo è vario e vasto e le opinioni su questi temi non sono sempre divergenti. Su un argomento sembrano invece concordare tutti quando si affrontano le criticità della giustizia ed è l’esigenza di una riforma strutturale, ma alla fine non si realizza mai e ogni anno ci si ritrova a fare bilanci calcolando gli effetti di riforme sempre carenti.

Tornando alle archiviazioni, si nota che a Napoli ci sono state 11.838 richieste di archiviazione, 2.238 richieste di rinvio a giudizio, 5.825 richieste di riti alternativi, 11.727 citazioni dirette a giudizio: totale, 31.628 procedimenti definiti su un totale che nel distretto supera gli 80mila procedimenti. Dopo Napoli, è Napoli Nord la Procura con più fascicoli (15.093 definiti, tra cui 7.628 richieste di archiviazione), e segue Santa Maria Capua Vetere con 10.108 procedimenti, tra i quali si contano 7.003 richieste di archiviazione.

Nel bilancio giudiziario del 2020 pesano inevitabilmente anche gli effetti della pandemia e dei mesi del primo lockdown cominciato a marzo scorso. Uno di questi effetti, come illustrato dal presidente della Corte d’Appello Giuseppe De Carolis di Prossedi nella sua annuale relazione, è rappresentato dal calo del 10% dei procedimenti iscritti presso le Procure del distretto. Nell’ultimo anno i nuovi casi su cui si è avviata un’indagine sono stati 95.249 in tutto il distretto e 31.713 presso l’ufficio inquirente di Napoli diretto dal procuratore Giovanni Melillo. Anche il numero delle intercettazioni è lievemente calato rispetto al dato del 2019 che aveva portato gli avvocati a segnalare anche un uso «eccessivo» di questo strumento investigativo: se nel 2019 le utenze messe sotto controllo dalla Procura ordinaria sono state 2.079 più 200 ambientali e quelle intercettate dalla Direzione distrettuale antimafia sono state 6.760 più 906 ambientali, nel 2020 la situazione è cambiata di poco: nell’ultimo bilancio, infatti, risultano 1.474 intercettazioni telefoniche e 171 ambientali disposte dalla Procura ordinaria a Napoli, 6.280 intercettazioni telefoniche e 843 ambientali su disposizione della Dda. Quanto alle indagini sul terrorismo, nel 2020 ci sono state intercettazioni su 149 utenze telefoniche, sei ambientali e 22 diverse tipologie di bersagli.

La prescrizione resta uno dei grandi nodi della giustizia italiana anche quando si parla di indagini, incidendo per il 2,4% sui procedimenti definiti dalle Procure del distretto e per il 2,2% su quelli definiti dall’ufficio inquirente napoletano. La prescrizione è uno dei temi cruciali nel dibattito sulla giustizia. È tra i temi che la Camera penale, con il presidente Marco Campora, ha presentato all’attenzione dei vertici degli uffici giudiziari napoletani in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che si svolgerà oggi, per la prima volta nella storia in modalità da remoto e non nella tradizionale sede di Castel Capuano o, come da alcuni anni a questa parte, nella storica cornice del Maschio Angioino.

«La sciagurata riforma della prescrizione rischia di paralizzare definitivamente l’esercizio dell’attività giudiziaria con processi che avranno sistematicamente una durata ultradecennale», sottolinea Campora, critico nei confronti del «populismo garantista degli ultimi due governi» e dell’alternativa tra processo virtuale e stasi della giustizia posta nei momenti più duri della pandemia e «intrisa di una logica ricattatoria». Di qui l’appello a realizzare «quel diritto penale minimo che non può che essere il punto di approdo di una società democratica e liberale del ventunesimo secolo».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).