La proposta
La separazione delle carriere può evitare il tritacarne mediatico

In questi ultimi anni i partiti hanno perso gran parte della propria identità. Soprattutto “a sinistra” abbiamo assistito all’abbandono di quei valori che rappresentano una cultura progressista, basata su una visione etica della politica. In tema di giustizia, ormai da tempo, vi è il conflitto costante tra coloro che sono definiti “giustizialisti” e i cosiddetti “garantisti”. Un inarrestabile scontro che trascina la discussione su temi fuorvianti, lasciando in secondo piano tutte le enormi problematiche che affliggono il mondo giudiziario.
È un contraddittorio sterile, che nasce dalle modalità con cui la notizia di reato viene divulgata dai media e dalla successiva necessità di dover bilanciare i termini esplicitamente accusatori di un’informazione tesa all’immediata condanna dell’indagato. Se i tempi del processo sono lunghi, quelli di giornali, televisioni e oggi dei canali social sono istantanei e con la loro velocità impongono un immediato giudizio, basato su quanto scritto o diffuso, che non sempre corrisponde alla verità dei fatti. Vengono così travolte vite, famiglie e carriere in un tritacarne mediatico rivolto a un’opinione pubblica pronta al linciaggio altrui, ma scandalizzata quando la vittima di turno è un familiare, un amico o un compagno di partito, ovvero trincerata nella ormai consueta formula di “fiducia nella magistratura” che nasconde tutta la preoccupazione per quello che accadrà in seguito.
In Campania, volendo citare solo gli ultimi trent’anni da Tangentopoli in poi, sono moltissimi i casi di importanti indagini dall’enorme rilevanza mediatica concluse poi con sentenze di assoluzione. Solo per citare alcuni dei casi con riflessi pubblici, seguiti per l’attività professionale, ricordo il clamore mediatico di numerose indagini nei confronti dell’allora giunta comunale Bassolino, per una delle quali un quotidiano titolò, a carattere cubitali, riferendosi al vicesindaco in quel momento con funzioni di sindaco, “sfugge agli arresti”. Ancora, l’indagine sui vertici dell’allora Atan, l’azienda di trasporti cittadina, quella sullo smaltimento dei rifiuti, tutte vicende che si sono concluse con sentenze di assoluzione, ma che hanno inciso in maniera determinante sulla storia della regione e, in particolare, della città di Napoli.
La notizia “nuova”, ma tardiva (le indagini durano da tre anni), pubblicata a pochi giorni dalle elezioni, del procedimento penale a carico del governatore Vincenzo De Luca, conferma che nulla è cambiato anche se, in questo caso, sarebbe opportuno apprenderne la fonte. Riconosciuto, infatti, al giornalista il diritto di pubblicare, resta da approfondire la tempistica e l’interesse alla diffusione. Entrambe, certamente, non dell’ufficio di Procura, ma probabilmente del denunciante, avversario politico dell’indagato.
È questa, invero, un’eccezione, perché è notorio – e non potrebbe essere diversamente – che le notizie provengono, nella maggior parte dei casi, dalla Procura della Repubblica, a volte con conferenze stampa, a volte con il rapporto diretto con il sostituto procuratore delegato alle indagini. Sarà poi il giornalista a decidere se quanto appreso dovrà essere pubblicato, approfondendo la vicenda anche con altre fonti, magari in contrapposizione con quella principale. Questo non sempre avviene, sia perché è importante “uscire” subito con la notizia sia perché si ritiene utile dare spazio al filone accusatorio di origine che produrrà successivi approfondimenti e sarà poi fonte di apprendimento di altre indagini.
Sarebbe, dunque, importante che il lettore – che sia “giustizialista” ovvero “garantista” – comprenda che quanto riportato dai media altro non è che un’ipotesi accusatoria, spesso priva di contraddittorio e che ci sarà poi un giudice a valutarne la fondatezza. Separando le carriere dei magistrati, distinguendo drasticamente la figura dell’accusatore da quella del giudicante, come da tempo chiesto dall’Unione delle Camere Penali, sarà possibile un’informazione più chiara e obiettiva e l’irriducibile scontro tra “giustizialisti” e “garantisti” si svolgerà finalmente su territorio neutro.
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