Con l’approvazione definitiva da parte delle autorità europee del Pnrr italiano è iniziato, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, il percorso del più importante intervento di politica economica nel nostro paese da molti decenni. Si tratta di un primo step che condurrà all’auspicato raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 con risposte puntuali alla richiesta, sempre più incisiva, di politiche trasformative e durature nel tempo in tutti i campi, al fine di intercettare e governare quei trend negativi i cui effetti si sono già dispiegati chiaramente nei territori e nell’ambiente a livello globale.

L’Agenda 2030, che definisce il programma di lavoro per le istituzioni pubbliche e private, per gli enti territoriali e i cittadini, finalizzato all’obiettivo della prosperità per lo sviluppo sostenibile, è stata sottoscritta il 25 settembre 2015 da 193 paesi delle Nazioni unite, tra cui l’Italia, per condividere l’impegno a garantire un presente e un futuro migliori al nostro Pianeta e alle persone che lo abitano. L’Agenda globale delinea, così, 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development GoalsSDGs) da raggiungere entro il 2030, articolati in 169 target, che rappresentano una guida per porre l’Italia e tutti i paesi su un sentiero di sviluppo sostenibile. Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato attraverso i Goals, i Target e oltre 240 indicatori e la valutazione periodica, rispetto a tali parametri, di ciascun Paese da parte dell’Onu. L’Agenda 2030 introduce, quindi, un giudizio e una prescrizione nel campo della politica sottolineando l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale.

Viene superata l’idea di sostenibilità quale aspetto di carattere soltanto ambientale e si introduce una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. Una sfida alla complessità dove le tre dimensioni – economico, ambientale e sociale – strettamente connesse tra loro, sono declinate in obiettivi che non possono essere considerati in maniera indipendente ma devono essere perseguiti in una visione sistemica che tenga conto delle reciproche interrelazioni e non si ripercuota con effetti negativi su altre sfere dello sviluppo: solo la una crescita integrata può permettere uno sviluppo realmente sostenibile. L’approvazione ufficiale al Pnrr italiano rappresenta, quindi, un passo decisivo per un indirizzo forte e senza incertezze dell’agire economico, sociale e ambientale a una visione sistemica e non parziale della realtà che è condizione necessaria per mettere in moto un processo virtuoso di cambiamento sempre auspicato e non più rinviabile.

In questo quadro, la cooperazione bancaria del nostro paese e il credito popolare si pongono per storia, per Dna e per posizione dialettica nei confronti di tutti gli altri attori economici, al centro di questa visione sistemica. Perché da sempre la loro azione ha cercato di tenere uniti tutti i fattori verso i quali era rivolta la loro azione con una iniziativa e una spinta ideale che partiva sempre dal basso e dalle comunità, alla ricerca di soluzioni che fossero in grado, su un piano di inclusione sociale e opportunità, di migliorare le condizioni di base e avviare le famiglie e le imprese su un sentiero equilibrato di sviluppo e di crescita che non lasciasse indietro nessuno.

Tutta la cooperazione mondiale è in movimento, consapevole della propria forza e del proprio destino, verso la mission degli obiettivi dell’Agenda 2030. Con 2,6 milioni di società cooperative, oltre 1 miliardo di soci e un ammontare di ricavi di oltre 3 trilioni di dollari Usa, il movimento cooperativo globale costituisce la più grande organizzazione al mondo: più grande, in termini di soci, rispetto al movimento sindacale; economicamente più potente di diverse nazioni del G20 – fornendo occupazione, dignità e prospettive – di tutte le multinazionali messe insieme. Tali dati indicano il potenziale che la cooperazione mondiale mette in campo per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Il sostegno delle cooperative e della più ampia economia sociale e solidale al cambio di paradigma e di dimensione economica verso una nuova visione dell’agire si radica in un modo di essere e in una specificità unica come afferma Jurgen Schwettmann in un recente documento dell’International Labour Office di Ginevra: «la specificità di tali contributi deriva dai principi, dai valori e dalla struttura di governance delle cooperative. In alcuni casi le cooperative possono essere più efficienti di altre forme di impresa e organizzazioni sociali per raggiungere un determinato obiettivo o target che può essere troppo costoso per lo Stato e non sufficientemente redditizio per gli investitori privati, ma potrebbe essere realizzato attraverso un’azione o soluzione cooperativa di auto-aiuto. Alcuni obiettivi possono essere adatti alle sole cooperative, come ad esempio l’inclusione finanziaria che, quasi ovunque, è guidata dalla cooperazione bancaria».

Oggi il credito popolare nel nostro paese – perfettamente integrato e collocato all’interno del movimento della cooperazione mondiale – forte di una struttura ramificata e diffusa di 54 banche associate, 213 miliardi di euro di attività, 204 miliardi di euro di provvista di risparmio e 181 miliardi di euro di crediti, nel solco di una lunghissima tradizione di prossimità e di servizio, darà il suo contributo concreto al grande progetto per uno sviluppo sostenibile dei territori con lo stesso spirito, passione e attenzione sperimentati in oltre cento anni di attività. Davanti a questo nuovo orizzonte di impegno e di responsabilità che si va delineando, viene naturale ricordare il padre della cooperazione bancaria italiana, Luigi Luzzatti, di cui quest’anno ricorre il 180° anniversario della nascita. Nell’ultimo intervento rivolto al credito popolare, Luzzatti ricordava ciò che aveva generato l’inizio di una esperienza e di una avventura umana, talmente innovativa per i tempi, da essere indicata a esempio in tutta Europa: «Ricordo sempre con emozione, quelle giornate creatrici sulla fine del 1863 e i primi mesi del 1864, quando a Milano, sotto gli auspici della Società Generale degli Operai, conducevo un sottile manipolo di giovani lombardi e di emigrati veneti ai primi esperimenti illustrati in un piccolo libro intitolato: “La diffusione del credito e le Banche Popolari”.

Libertà, progresso economico e morale delle classi lavoratrici ci parevano i diversi aspetti di una medesima questione, i lati diversi di un poliedro mirabile che tutti ci affascinava nel sacro nome della Italia redenta! Ciò che rimane di buono, di sano di disinteressato nel credito popolare si rannoda colle aspirazioni di quei tempi. E ricordo ancora con viva gratitudine gli studenti dell’Università di Padova che uscivano dalle mie lezioni sulla cooperazione per dar vita a istituti, i quali conservano le idealità di quelle freschezze giovanili. Insomma come ogni cosa destinata a durare e a consacrarsi nel tempo, le origini prime vanno ricercate in un palpito del cuore più che in una idea, nell’impulso del disinteresse più che in quello del tornaconto, in aperto contrasto colle dottrine del materialismo storico». Con questo spirito, in un nuovo inizio e in continuità con un’antica e radicata identità, possiamo guardare con responsabilità e fiducia a un futuro sostenibile che sia al servizio dei territori, delle famiglie, delle imprese e delle giovani generazioni.