Diamo a Giorgia quel che è di Giorgia. Non di più, però
Il non-governo di Meloni piace perché non disturba nessuno: l’Italia è un paese fermo
Caro direttore,
Michel Houellebecq, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto una cosa sorprendente ma in larga misura vera: «Molti francesi pensano che qualsiasi sia il nuovo governo, prenderà cattive decisioni. Dunque, sarebbe meglio non avere nessun governo».
Ecco, se questa specie di anarchismo inconscio dilaga in un paese di secolari e forti tradizioni politiche, figuriamoci in Italia, dove da anni dominano qualunquismi e populismi di varia natura. Essendo questo lo spirito del tempo, cosa di meglio del governo Meloni? Dopo il berlusconismo, i tecnici, il grillismo, il gialloverdismo, l’Italia ha infine scelto questo mix di andreottismo e autoritarismo culturale che la premier incarna perfettamente e che tutto sommato agli italiani va benissimo.
Il non governo Meloni
Il governo Meloni, dopo due anni, non ha fatto sostanzialmente nulla di veramente importante, tale cioè da incidere nella realtà: il nostro è un paese fermo, bloccato in strutture economiche sclerotizzate, imbalsamato dentro regole vecchie e per nulla attraente per le nuove generazioni. Il consenso di Giorgia Meloni si deve soprattutto a questo non-governo che non disturba nessuno, proprio come dice Houellebecq, non impone comportamenti come all’epoca del Covid (e il condono per chi non ha rispettato le regole è esattamente il segnale che è suonata la campanella della ricreazione), lascia fare e dà ragione un po’ a tutti.
Ha pur sempre mezzo paese contro
È abile, la presidente del Consiglio, a intercettare questo spirito del tempo? Certo che lo è. Ed è anche fortunata a trovarsi in un contesto europeo nel quale tutte le leadership muoiono e le nuove stentano a nascere, per usare un’espressione a noi, caro Claudio, ben nota.
Tu dici che lei sa parlare a tutti e contemporaneamente tenere insieme la sua comunità. Parlare a tutti, insomma: ha pur sempre mezzo paese contro.
Quanto alla sua “comunità”, beh, è ovvio che essa sia come minimo riconoscente verso una leader che l’ha tirata fuori dal sottosuolo della politica per portarla nell’empireo dei posti che contano. Insomma, direttore, diamo a Giorgia quel che è di Giorgia. Non di più, però.
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