E' l’applicazione pratica a lasciare sbigottiti
Il nuovo bonus-truffa contro le barriere architettoniche: così lo Stato spreca le risorse destinate ai disabili

Vuoi trasformare la vasca da bagno in doccia? Vuoi un bagno nuovo di zecca? Nessun problema, puoi farlo subito, in maniera estremamente vantaggiosa, con uno sconto che ha dell’incredibile. “Graduidamente”, verrebbe da dire citando il mitico avvocato del popolo Giuseppe Conte.
Abbiamo ancora da risolvere tutti i guasti fatti alla finanza pubblica dal superbonus – anche oggi ne parliamo su queste pagine -, mentre un’altra misura sta rientrando dalla finestra quando pensavamo di aver fatto uscire dalla porta il sistema che l’aveva generata. Stiamo parlando del bonus abbattimento barriere architettoniche: una misura sacrosanta, originariamente introdotta dal Governo Monti, che il governo Renzi rifinanziò con maggiori risorse destinandole a interventi precisi e ben limitati ma che le leggi di bilancio 2022 e 2023 hanno riproposto aumentando la detrazione al 75%, togliendo ogni paletto e trasformandolo dalla classica detrazione fiscale spalmabile in più anni alla mitica cessione del credito di contiana memoria che già così tanti danni e truffe ha generato.
Requisiti? Ben pochi. La norma di legge è assai generica e così l’Agenzia delle Entrate che con una circolare a fine giugno ha dato risposte a una serie di quesiti pervenuti, non fa cenno a requisiti che dovrebbero essere tutto sommato banali: che senso ha un intervento per rendere una doccia accessibile se è fatto in un bagno, in un appartamento o in condominio che a sua volta non è accessibile e magari non potrà mai esserlo? Pensiamo ad esempio ai tanti condomini dei centri storici italiani, edifici vecchi, con vani delle scale dove neppure un piccolo ascensore è installabile: serve a qualcosa in casi come questi destinare soldi pubblici per rendere accessibile un bagno? O ancora, che senso ha rendere una doccia accessibile se il bagno non lo è magari perché la porta d’ingresso era e rimane particolarmente stretta o perché vi si può accedere solo attraverso delle scale?
La ratio della norma è giusta e sacrosanta: rendere le nostre case, i nostri condomini, i luoghi di lavoro accessibili alle persone con disabilità è un obiettivo di civiltà. Ed è pure condivisibile che per le case private non sia richiesta la presenza di una persona disabile nel nucleo familiare che fa richiesta (anche se forse in questi casi la domanda andrebbe privilegiata ad altre). Ma è l’applicazione pratica a lasciare sbigottiti.
Il risultato infatti è sotto gli occhi di chiunque: basta infatti andare su Google e provare a digitare “bonus rifacimento bagno” e pubblicità mirabolanti escono fuori proponendoti la ristrutturazione del bagno con il 75% di sconto, la pratica interamente gestita dal fornitore e la quota a tuo carico pagabile in piccole rate mensili. In alcuni siti internet di questi potenziali fornitori, certo, si fa cenno al fatto che i lavori devono essere eseguiti “secondo le prescrizioni tecniche del decreto 236/89”, la norma cioè che regola come devono essere costruiti i bagni accessibili: ma al netto del fatto che l’avvertimento è scritto a caratteri minuscoli e non è spiegato nel dettaglio, nelle foto dei nuovi bagni proposti quasi mai si vedono le prescrizioni tecniche di quel decreto, come il classico corrimano o il campanello di emergenza. In un caso il bonus “barriere architettoniche” è diventato un “bonus barriera”, probabilmente per non mettere in allarme i potenziali clienti.
Per essere certi che ci trovassimo di fronte ad una vera e propria truffa ai danni dello Stato (e dei disabili, giacché si sottraggono risorse da un fondo che non è infinito), abbiamo provato a telefonare ad alcune di queste ditte. Ed il risultato è davvero sconfortante: secondo gli uffici commerciali contattati, il bonus sarebbe applicabile anche in casi in cui oggettivamente non ha senso, come – è uno degli esempi che abbiamo usato – in un appartamento al sesto piano di un edificio del ‘300 che non ha ascensore o come – altri esempi – in un bagno dove sotto al lavabo c’è un mobile che lo rende inaccessibile a chi è su sedia a rotelle. E quando, ad una di queste ditte, abbiamo provocatoriamente detto “io quel maniglione per disabili nel mio bagno non lo voglio!”, la risposta secca è stata “certo, non si preoccupi, non verrà mica installato”. Sic transeat gloria mundi.
La truffa è quindi servita su un piatto d’argento. A danno dello Stato, che vede dissipare risorse che erano destinate per interventi a favore delle persone disabili e che rischia, col meccanismo della cessione di credito, di ritrovarsi presto voragini nel bilancio. A danno di chi commissiona i lavori, perché nessuno dei fornitori fa presente che la responsabilità penale di eventuali truffe non ricade certo su di loro, ma su chi gode dell’agevolazione fiscale, cioè su chi commissiona i lavori. A danno di chi si è fatto i lavori pagandoli interamente di tasca propria. E – cosa decisamente più abominevole – a danno delle persone disabili, che vedono così sprecare un capitolo della legge di bilancio giustamente destinato a ridurre le barriere architettoniche ma viene invece impiegato su interventi di cui difficilmente una persona disabile potrà godere.
Di fronte a questo vero e proprio scempio, cosa dice la ministra Locatelli, titolare del dicastero per le disabilità? Cosa dice l’agenzia delle entrate, che ha emesso una circolare che tecnici del settore non hanno dubbi a definire “dalle maglie larghe”? Vuole il Parlamento mettere fine a questa stortura? E nel frattempo quanto ci mettono le autorità di controllo preposte a far correggere subito quelle pubblicità ingannevoli e truffaldine? Noi del Riformista rimaniamo in attesa.
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