La decisione
Il prevedibile ‘no’ di Israele al riconoscimento della Palestina e l’irresponsabile faciloneria della comunità internazionale

Forse la risoluzione parlamentare con cui Israele ha chiuso il discorso sul riconoscimento di uno Stato palestinese sarebbe stata adottata in ogni caso. Ma sarebbe stato meno facile adottarla – e tanto meno con la maggioranza schiacciante registrata alla Knesset – se a precederla non fosse intervenuta, nelle settimane scorse, l’irresponsabile faciloneria dei paesi che hanno proceduto a quel riconoscimento “semplicemente e senza condizioni”. Vale la pena mettere in corteo i fatti inoppugnabili che hanno lavorato da premessa alle probabilissime, se non inevitabili, contrarietà israeliane.
La Spagna che sbriglia il proclama di riconoscimento sulla scorta della dichiarazione ministeriale volta a preconizzare la liberazione della Palestina “dal fiume al mare”. L’Irlanda che vi procede mentre aggiunge il suo tricolore alla rassegna di bandiere che sostiene il Sud Africa nella causa per genocidio contro Israele. La fioritura in un buon numero di paesi – Italia compresa – di mozioni in cui la richiesta di riconoscimento del cosiddetto Stato di Palestina esclude anche il più pallido riferimento agli ostaggi israeliani, nonché qualsiasi considerazione del rischio conclamato che siano le autorità “de facto” di Gaza – come obliquamente l’Onu definisce Hamas – ad allevare la nuova creatura statuale. Sunteggiato, è il panorama della generale noncuranza in faccia al pericolo che il riconoscimento possa essere considerato il fruttuoso risultato del 7 ottobre anziché una ponderata e sofferta soluzione del conflitto. E davanti a tutto questo era immaginabile una decisione israeliana di segno diverso?
Ieri, evocando una precedente decisione invernale che aveva respinto un’ipotesi di riconoscimento, la parte pigra e ombelicata di un’informazione tragicamente provinciale raccoglieva i reflui dell’indignazione “pro–Pal” a denuncia dell’atteggiamento incaparbito di Israele che “per la seconda volta” si mette di traverso. Dettaglio trascurato: quella pregressa deliberazione parlamentare riguardava uno scenario di riconoscimento unilaterale; e soprattutto, e appunto, interveniva in modo preoccupato a fronte del rischio che il nascituro Stato di Palestina vedesse in funzione ostetricia una comunità internazionale del tutto disinteressata al requisito minimo, e cioè che il parto fosse il coronamento di un affidabile accordo di pace con Israele.
La decisione di ieri ha ratificato quelle preoccupazioni. E a rivendicarla non è soltanto il fondamentalista reazionario Bezalel Smotrich, che dice “né ora né in futuro”, ma il complesso della rappresentanza democratica di un paese, Israele, cui non è facile dare torto quando afferma che – per come sono messe le cose oggi – la “soluzione due Stati” significherebbe il consolidamento accanto a Israele (ma con patente statuale) delle organizzazioni terroristiche che vogliono distruggerlo. La comunità internazionale che si felicita per l’equiparazione di Bibi Netanyahu a Yahya Sinwar ha fatto molto poco per convincere Israele del contrario.
© Riproduzione riservata