La normativa sul contributo unificato
Il processo civile diventa un lusso: “Paga o niente causa”
La modifica della normativa sul contributo unificato sta sollevando un polverone. Il governo propone di subordinare il diritto ad adire le vie legali, e quindi la giustizia come diritto, al pagamento di poche centinaia di euro. Nel senso che, se dovesse passare la modifica, ogni procedimento potrà avere inizio solo dopo il pagamento dell’intera somma prevista a titolo di tassa per le spese giudiziarie.
Come in una sorta di baratto. «No alla giustizia classista», tuonano gli avvocati da Napoli a Milano, e Roma. Gli ordini forensi prendono una netta posizione contro il governo lamentando «il gravissimo vulnus» che la modifica dell’articolo 16 inserita nella prossima legge di bilancio potrebbe arrecare alla giurisdizione e ai diritti del cittadino. Introdurre il principio secondo il quale un processo non può essere celebrato in caso di omesso pagamento del contributo unificato o di pagamento non completo viene visto come un tentativo di rendere la giustizia un lusso per ricchi. «Verrebbero favorite le parti che hanno una maggiore disponibilità economica, rendendo più difficile l’accesso alla giustizia per i meno abbienti», sostengono gli avvocati. «Una giustizia classista», sarebbe la conclusione. Viene da immaginarselo il cancelliere che fa il lavoro del dipendente dell’esattoria, il Tribunale che sembra la sede del Fisco, si rischierebbe di sentirsi rispondere frasi del tipo: «Mi dispiace non ha versato l’intera somma, la causa non si può trattare». Una giustizia in base al censo, dunque considerato che il contributo unificato può variare da 43 a 1.700 euro a seconda del valore della causa, ed è fissato a 518 euro per le cause dal valore indeterminato. Chi ha soldi da versare, tutti e subito, quindi, può sperare in un procedimento per sostenere un proprio diritto, chi non ha soldi sarà costretto a rinunciarvi, addio diritto.
«Visto che viene riconosciuta la giusta prevalenza della necessità di garantire al cittadino l’accesso alla tutela giurisdizionale – spiega Antonio Tafuri, presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli – riteniamo che la norma in via di approvazione produca un risultato che appare in controtendenza rispetto all’esigenza di chi fa affidamento sulla giustizia». «È inconcepibile – aggiunge – che lo Stato sostenga che un processo non possa essere celebrato e un diritto possa non essere riconosciuto a causa del mancato pagamento di poche centinaia di euro». È sulla base di questa considerazione che gli ordini forensi di Napoli, Milano e Roma si sono uniti per chiedere al governo di ritirare la proposta contenuta nel Ddl bilancio e ai parlamentari e ai componenti delle Commissioni competenti di respingere la modifica dell’articolo 16. Secondo gli avvocati, del resto, non avrebbe ragion d’essere questa modifica se gli scopi che si intendono raggiungere sono quello di snellire la giustizia civile a favore di una maggiore diffusione del processo telematico e quello di contenere e contrastare l’evasione del pagamento del contributo unificato, cioè della tassa che in genere si versa apponendo una marca sull’atto di iscrizione a ruolo di una causa.
«Una legge c’è già – precisa Tafuri, facendo riferimento alle possibilità esecutive già previste per la riscossione dei contributi unificati – ed è una legge che dà pieni poteri all’Agenzia delle Entrate. Introdurre la norma per cui in caso di mancato pagamento del contributo versato o di versamento non conforme al valore dichiarato della causa non si possa procedere all’iscrizione a ruolo della causa equivarrebbe, quindi, solo ad aumentare le difficoltà di accesso alla giustizia civile e celebrare i processi in base al censo».
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