I penalisti napoletani in prima linea per il referendum sulla giustizia: un impegno che, a breve, si concretizzerà in una raccolta di firme a sostegno dell’iniziativa promossa da Lega e Radicali. L’ha ricordato Marco Campora, presidente della Camera penale partenopea, durante il dibattito sulla separazione delle carriere di giudici e pm promosso dall’associazione in concomitanza della giornata di astensione nazionale dalle udienze.

«Faremo la nostra parte per sostenere il referendum come ci ha indicato l’Unione Camere Penali Italiane – ha spiegato Campora – fermo restando che, nei quesiti attualmente al vaglio della Cassazione, si parla di separazione delle funzioni e non delle carriere». Il referendum, infatti, dovrebbe consentire all’elettorato di esprimersi sulla necessità di introdurre una norma che vieti a un pm di diventare giudice e viceversa. Il che, tuttavia, avviene in casi piuttosto rari. Ecco perché, pur sostenendo la necessità del voto popolare sulla giustizia, la Camera penale di Napoli, al pari delle associazioni attive in altre località, intendono spingere ancora sulla riforma costituzionale che dovrebbe portare alla separazione non delle funzioni, ma delle carriere di magistrati requirenti e magistrati giudicanti. Il che si tradurrebbe in due percorsi professionali nettamente distinti, in modo tale da rafforzare l’imparzialità delle toghe e, per questa strada, i diritti di indagati e imputati.

La prospettiva, però, è motivo di scontro tra magistrati e avvocati a livello tanto nazionale quanto locale. E ieri la contrapposizione si è materializzata nel confronto tra i magistrati Tullio Morello e Antonello Ardituro, da una parte, e i penalisti partenopei, tra i quali il past president della Camera penale Attilio Belloni, dall’altra. «Così come prospettata dagli avvocati – ha osservato Morello, recentemente nominato presidente di sezione del Tribunale di Napoli – la separazione delle carriere è pericolosa perché capace di allontanare il pm dalla giurisdizione. In quel caso si arriverebbe davvero alla nascita della figura del “super pm” che fa paura a molti». Secondo Morello, inoltre, «non sono accettabili le accuse di parzialità che gli avvocati indirizzano ai magistrati: quando un giudice firma un’ordinanza di custodia cautelare o una sentenza di condanna, non lo fa certo a cuor leggero o perché è stato compagno di studi del pm».

Di qui l’invito a «occuparsi dei problemi veri della giustizia, a cominciare dall’eccessiva durata dei processi».
Dura la replica di Belloni: «La separazione delle carriere non è una riforma contro qualcuno, ma solo a favore dei cittadini. Controllore e controllato dovrebbero appartenere sempre a “squadre diverse”. Anzi, il giudice dovrebbe essere “nemico” del pm perché chiamato a sorvegliarlo e limitarlo. È un principio liberale e democratico contro il quale non serve paventare il rischio della soggezione del magistrato al potere esecutivo o appellarsi a certe culture della giurisdizione».