Molti penalisti esclusi dal bonus previsto dal governo
Difesa d’ufficio e gratuito patrocinio, la protesta dell’avvocato: “Pagati dopo anni ma garantiamo un diritto subito”

“La difesa d’ufficio e gratuito patrocinio sono garantite dalla legge e quindi la funzione sociale di noi avvocati penalisti è un diritto e anche un dovere. Ma quando si viene liquidati?”. E questa la domanda che si fa e che pone soprattutto alle Istituzioni l’avvocato Nicola Fierro. Il penalista ha 38 anni, è del foro di S. Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, come tanti altri suoi colleghi in tutta Italia offre il suo servizio in tribunale per le difese dei meno abbienti e le difese d’ufficio. Ma denuncia che la liquidazione di questi servizi offerti per la comunità avviene dopo anni e dopo una complicata trafila burocratica. Eppure è un diritto garantito a tutti e comporta anche anni di lavoro.
“Non è possibile che un avvocato termina il proprio lavoro per il proprio assistito che magari percepisce anche il reddito di cittadinanza nel 2019 e i soldi li vede nel 2021 o 2022 – continua l’avvocato – Noi veniamo liquidati a seconda delle fasi dai giudici. Dal decreto di liquidazione ai soldi sul conto passano almeno 2 anni a seconda anche del grado del processo. E questo è un problema che non riguarda solo le nuove generazioni di avvocati ma tutti”.
L’avvocato spiega come nel capitolo di bilancio dei Tribunali ci siano milioni di euro per le spese di giustizia che riguardano avvocati e consulenti tecnici ma che giacciono per molti anni. E questo è un problema che si è fatto sentire anche durante la pandemia. “Ad esempio non abbiamo potuto accedere nemmeno al bonus a pioggia del Governo Conte – continua l’avvocato – proprio perché le fatture vengono emesse a distanza di anni dal ‘lavoro finito’. Così tanti avvocati, giovani e meno giovani, non possono giustificare il calo del fatturato, così come richiesto anche se poi c’era stato di fatto”.
“Siamo arrivati al punto che, mentre il reddito di cittadinanza viene erogato mensilmente, l’avvocato che difende, in un processo, un percettore di tale reddito attende, invece, diversi anni per avere sul proprio conto il compenso per l’attività professionale svolta – spiega Fierro – Mi chiedo dove sia lo Stato di diritto: non c’è stata alcuna svolta, anche in questo periodo di pandemia, a differenza di altri Stati. Ad esempio, con i nuovi fondi, potrebbero essere pagati tutti i liberi professionisti creditori nel giro di qualche mese”.
A questo si aggiunge un altro problema: “Gli importi delle liquidazioni rispecchiano, quasi sempre, i parametri minimi, decurtati al 30% (D.P.R. n. 115/02) e non esiste un protocollo standard nazionale; per la stessa fase processuale. Ad esempio, a Borgo X un magistrato potrebbe liquidare 100 euro e a Cala Y 300 euro”.
Fierro spiega che un avvocato si può iscrivere alle liste dei difensori d’ufficio del foro di appartenenza e poi essere chiamato secondo dei turni. Oppure si può essere chiamati come avvocati immediatamente reperibili se non c’è il difensore di fiducia. “Questi avvocati devono esperire tutta l’attività lunga e farraginosa, attendere anche un anno solo per concludere la pratica – dice – Poi parte l’attesa di almeno due anni per avere la liquidazione del compenso”. “E se intanto dovessi morire? I miei eredi riceverebbero il mio compenso dovuto?”, dice provocatoriamente.
“Siamo avvocati e lavoratori come altri e meritiamo maggior rispetto e considerazione dalle istituzioni, anche perché con il nostro lavoro vengono garantiti i diritti dei cittadini e il regolare svolgimento dell’attività giudiziaria”, conclude Fierro.
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