Quando il 7 ottobre 2023 per la prima volta Israele si è percepita vulnerabile subendo il pogrom di Hamas, il coro unanime dei commentatori aveva decretato la fine politica di Benjamin detto Bibi Netanyahu, quello che ad oggi è il più longevo Primo Ministro nella storia di Israele. Netanyahu non solo è rimasto in sella al governo – subendo attacchi interni e internazionali, manifestazioni di protesta e l’appellativo da parte dell’opinione pubblica occidentale filopalestinese di “criminale di guerra” – ma con abilità camaleontica ha saputo ribaltare completamente lo scenario.

Come Netanyahu ha ribaltato lo scenario

Perché se il massacro dei Kibbutz ha rappresentato la più grande ferita di Israele, inferendo un colpo durissimo alla percezione di forza bellica e capacità difensiva, allo stesso tempo la responsabilità di tutto ciò al di là degli apparati di sicurezza interna non poteva che ricadere su Netanyahu, al centro di furenti proteste interne. Proprio a quelle divisioni interne fu attribuita da molti osservatori l’immagine di un Paese diviso. Ci si è spinti persino ad affermare che la volontà di Netanyahu di prolungare il conflitto a Gaza fosse dovuta alla sua volontà di non lasciare le redini del governo e prolungare dunque la sua oramai agonizzante carriera politica. Giudizi come spesso avviene troppo frettolosi.

Lo spirito israeliano di Bibi

Se nei giorni e nelle settimana successive al pogrom di Hamas, e al timore per la sorte degli ostaggi, con le immagini scioccanti che mostrarono al mondo la brutalità dei terroristi, Israele scelse di rinviare al dopo ogni giudizio politico e di sospendere le precedenti tensioni interne, con il prolungarsi del conflitto e soprattutto con la permanenza di un numero rilevante di ostaggi nelle mani di Hamas, l’unità nazionale è sembrata sgretolarsi con un unico capro espiatorio, Bibi Netanyahu, attaccato da tutti i fronti, e soprattutto da quello interno. Ma Bibi in questo incarna perfettamente lo spirito israeliano, si trova a proprio agio ad avere dei nemici e sa mantenere quella lucidità politica necessaria che permette di restare in equilibrio anche quando tutto sembra vacillare, senza mai cadere.

Decapitati Hezbollah e Hamas, ora faccia a faccia con il vero nemico: l’Iran

Così in pochi mesi ha saputo ribaltare la situazione interna e internazionale. Interna ricucendo con la minoranza del Likud, garantendosi tre voti alla Knesset che lo mettono a riparo dalle minacce della destra religiosa, e sul fronte di guerra decapitando i vertici di Hezbollah – facendo così un favore anche ai sunniti – assestando un colpo mortale ad Hamas, e sferzando duramente gli Houthi. Ora può guardare negli occhi il vero nemico, il burattinaio del caos in medio oriente, l’Iran con parole di aperta sfida al regime degli Ayatollah. Senza dimenticare gli “accordi di Abramo” che Bibi vuole concludere nel prossimo futuro. Chissà se Ali Khamenei avrà fatto proprie le parole dell’Ammiraglio Yamamoto dopo l’attacco a Pearl Harbour, “temo – disse il vecchio guerriero – che tutto ciò che abbiamo fatto sia aver svegliato un gigante che dormiva e averlo riempito di una terribile determinazione”.