Donald Trump ha deciso di sospendere temporaneamente l’applicazione dei dazi a tutti i Paesi, tranne la Cina, verso cui li ha innalzati fino al 145%. Trump basava la sua tolleranza alle vendite in Borsa su discesa del prezzo del petrolio e sui rendimenti Treasury in calo. Appena ha visto che i rendimenti hanno iniziato a impennarsi, ha dovuto fare un passo indietro. Ma la strategia rimane chiara: distinguere. Trump è disposto a trattare e stringere accordi con gli altri Paesi, ma con Pechino il confronto è frontale. Durante questa pausa di 90 giorni, cercherà di coinvolgere vecchi e nuovi alleati nella sua linea d’azione. Il decoupling totale Usa-Cina sta avvenendo sotto i nostri occhi. E noi presto dovremo scegliere da che parte stare.

Può infatti piacere o meno, ma Trump sta mettendo in atto una strategia lucida e non di breve termine. Spregiudicata, certo, e molto rischiosa. Descriverlo come folle è semplicemente ridicolo. Il confronto tra l’atteggiamento conciliante verso altri Paesi e la linea dura contro la Cina ci mostra che la ritorsione, semplicemente, non paga. Ogni volta che Pechino ha risposto ai dazi americani con contromisure simili, Trump ha rilanciato, colpendo ancora più duramente. Il risultato? Le due maggiori economie del pianeta sembrano ormai avviate verso un disaccoppiamento economico totale, interrompendo il loro rapporto commerciale diretto.

La risposta misurata dell’Unione

L’Unione europea, al contrario, ha adottato una risposta piuttosto misurata annullando i dazi ritorsivi a seguito del rinvio di 90 giorni deciso da Trump. Questa scelta di cautela ha dato i suoi frutti: almeno per ora, l’Europa non si ritrova nella stessa posizione critica della Cina. E, in ogni caso, sarebbe stato politicamente difficile per Bruxelles adottare una linea fortemente punitiva anche in ragione delle nuove fratture che stanno riemergendo all’interno dell’Unione. Italia e Spagna, in particolare, sembrano voler seguire percorsi differenti nella gestione dei rapporti con Washington. Il governo italiano è cauto e contrario a un coinvolgimento diretto in una guerra commerciale. La premier Giorgia Meloni preferisce la via del dialogo. Il 17 aprile volerà negli Stati Uniti per incontrare Trump, provocando la stizza della Francia, che sembra considerare normali le proprie missioni diplomatiche, ma molto meno quelle altrui. Mentre Meloni guarda a Ovest, Pedro Sánchez guarda a Est. Il governo spagnolo ha varato un pacchetto di aiuti per le imprese colpite dai dazi e lo sta negoziando con l’opposizione. Nel frattempo Sánchez si muove: prima tappa in Vietnam, poi in Cina per un incontro con Xi Jinping. Madrid sta conducendo un gioco pericoloso che tuttavia potrebbe offrirle grandi dividendi, ma anche comportare la marginalizzazione dalla Nato.