Sfida accettata. La Cina non ha alcuna intenzione di cedere di fronte alle mosse di Donald Trump. E dopo che il presidente degli Stati Uniti ha dato il via alla guerra dei dazi, il leader cinese Xi Jinping ha ordinato di rispondere. Un contrattacco che si snoda su diverse direttrici. Da una parte c’è la controffensiva economica, tra svalutazione dello yuan, mosse sul debito americano e dazi che si innalzano parallelamente a quelli americani. E venerdì è arrivato l’annuncio della Cina di tariffe al 125% su tutte le importazioni dagli Stati Uniti. Dall’altro però c’è il piano politico: interno ed esterno.

Xi non può permettersi che una sua mossa distensiva venga percepita come un segno di debolezza. Lo hanno confermato anche le indiscrezioni della Cnn su quanto avvenuto prima dell’ultima ritorsione di Pechino. L’amministrazione Trump avrebbe chiesto alle controparti cinesi di evitare rappresaglie e di fare in modo che Xi chiedesse un incontro con il tycoon. Ma la proposta di Washington, secondo le fonti, è stata respinta ed è stata seguita dalla decisione di alzare i dazi alla stessa cifra messa dagli Usa. Questo dimostra che Pechino, pur preoccupata dalle conseguenze negative di questa guerra commerciale, non ha intenzione di tirarsi indietro. Lo ha spiegato venerdì anche lo stesso Xi, che ha ricordato come in una guerra commerciale “non ci siano vincitori” ma ha anche ribadito che la Cina “non ha paura”. E le contromosse politiche della Repubblica popolare parlano chiaro.

Il Partito comunista ha già rispolverato la propaganda di epoca maoista, con Mao Ning, capo dell’Ufficio comunicazione del ministero degli Esteri, che pubblica continuamente frasi di Xi e di Mao Tse Tung. Su tutte, una ha colpito l’immaginario collettivo, quella con cui il Grande Timoniere definiva Washington una “tigre di carta”. Un’accusa che si inserisce perfettamente in questa guerra commerciale tra le due superpotenze e che serve anche a Xi per serrare i ranghi del partito in un duello senza esclusione di colpi.

Ma oltre a spronare i funzionari del partito, la “vecchia guardia”, e a rassicurare l’opinione pubblica, il leader cinese ha bisogno anche di mostrarsi aperto e unito al resto del mondo. Perché Xi sa che ora può riprendere in mano i fili della diplomazia dopo anni di stallo. La pandemia, l’asse con Vladimir Putin durante la guerra in Ucraina e il pressing Usa sull’Occidente per evitare di legarsi agli interessi cinesi, hanno spento le velleità di alcuni progetti di Xi. In particolare, quelli legati alla Via della Seta. Ma ora che Trump ha terrorizzato i mercati e minacciato i partner Usa, la Repubblica popolare può proporsi di nuovo al resto del mondo.

Il piano è scattato appena Trump ha imposto i primi dazi. E non è un caso che Xi si sia rivolto principalmente all’Unione europea e ai Paesi più vicini, quelli del Sud-est asiatico, partner cruciali degli Stati Uniti. Già in settimana vi era stata una telefonata tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il premier cinese Li Qiang. In questi giorni, si erano sentiti in videoconferenza anche il commissario Ue al Commercio, Maros Šefčovič e il ministro del Commercio cinese Wang Wentao. E venerdì è intervenuto direttamente Xi che, incontrando il premier spagnolo Pedro Sanchez, ha chiesto a Bruxelles di fare fronte comune e “resistere insieme alle prepotenze unilaterali”. Cina e Ue, ha detto Xi, devono tutelare i “i propri diritti e interessi legittimi” e allo stesso tempo “l’equità e la giustizia internazionale, le norme e l’ordine internazionale”. “Non c’è alcun vincitore in una guerra dei dazi e andare contro il mondo porterà all’isolamento”, ha dichiarato il presidente cinese.

E mentre il leader di Pechino si prepara a visitare Vietnam, Malesia e Cambogia dal 14 al 18 aprile (viaggio che serve a blindare le relazioni con i vicini in questo momento di turbolenze commerciali), dalla Repubblica popolare è anche arrivata una prima mossa sul piano giuridico: una serie di ricorsi all’Organizzazione mondiale del commercio. Le misure di Washington sono “un tipico atto di bullismo e coercizione unilaterale, che rappresentano una flagrante violazione delle regole della Wto”, hanno dichiarato dal ministero del Commercio. Si tratta di una mossa puramente simbolica, ma fa capire come Xi voglia apparire sotto una veste diversa da quella del suo rivale americano: quella del leader che segue le regole, che rispetta i propri partner commerciali e che garantisce la stabilità della globalizzazione.