Il vecchio giudice Aharon Barak, sopravvissuto ai campi nazisti, pensionato ex presidente della Corte Suprema e in politica nemico assoluto di Benjamin Netanyahu, è all’Aja per partecipare come magistrato al processo contro lo Stato di Israele, accusato di genocidio nei confronti dei palestinesi, dal Sud Africa. Ieri si è svolta la prima seduta e oggi ci sarà quella conclusiva ed è stato uno degli spettacoli giudiziari più rivoltanti per chiunque abbia memoria, come Aharon Barak dell’Olocausto. Come se non bastasse, all’accusa di genocidio si è aggiunta anche quella di segregazione razziale, mossa anche questa al Sud Africa. Il processo va in onda in streaming e tutto il mondo ha assistito con sentimenti contrastanti all’enormità persino blasfema – gli ebrei accusati di infliggere segregazione e sterminio, loro che sono stati vittime del più grande olocausto e segregazione della Storia. Ma i commenti che il pubblico poteva scrivere durante la trasmissione sono stati in prevalenza e con un odio profondo, contro Israele e a favore dei palestinesi e degli assassini di Hamas.

Gli accusatori sudafricani hanno letto gli argomenti preparati dal loro governo con l’accusa di “apartheid” contro Israele nel suo stesso territorio dove vivono liberamente e nella pienezza dei loro diritti civili un quinto degli abitanti di Israele. Di regimi di “apartheid” la storia ne ha conosciuti almeno tre: quello americano dopo la guerra civile che affrancò gli schiavi senza riconoscerne i diritti civili, poi la prima segregazione nazista contro gli ebrei privati dei diritti dei tedeschi non ebrei e infine la segregazione in Sud Africa. Tutto il mondo democratico è stato solidale con questo Paese e per primo lo Stato di Israele.
Da qualche anno è molto popolare nei Paesi di lingua inglese l’attore Trevor Noah, classe 1984, nato in Sud Africa famoso per la drammatica e ironica narrazione della sua storia, con una madre africana e un padre svizzero con il quale non poté mai vivere a causa dell’apartheid. Il regime segregazionista fu instaurato in Sud Africa una prima volta dal primo ministro Jan Smuts nel 1928 e poi ripristinata nel 1948 per essere abolita finalmente con la vittoria di Nelson Mandela nel 1993. Questo Paese fa parte dei cosiddetti “Brics” ed è quindi schierato con Russia, Cina, e Iran. Ed è il Paese che ha chiesto la messa in stato d’accusa di Israele con l’accusa di genocidio nei confronti del popolo palestinese, per la violenta risposta con bombardamenti su Gaza in seguito alla mostruosa strage perpetrata in Israele da Hamas il 7 ottobre scorso, quando 2.200 civili (fra cui molti arabi israeliani) furono macellati, centinaia di donne violentate e poi assassinate, con una strage di bambini arsi vivi e neonati decapitati.

Una carneficina che oggi Hamas nega ma che risulta non soltanto dai testimoni ma dai video che gli stessi esecutori hanno girato e poi messo on line. Sulle prove e la consistenza di questo delitto è intervenuto alla fine di dicembre il New York Times pubblicando gli esiti della verifica documentale durata due mesi e che conferma ogni atrocità su cui soltanto adesso le Nazioni Unite hanno deciso di indagare. Fino alla pubblicazione del rapporto del quotidiano americano, la mattanza e le torture del 7 ottobre non erano state menzionate nei rapporti ufficiali delle Nazioni Unite.

La reazione di Israele di fronte all’iniziativa del Sudafrica è stata sdegnata. “Sudafrica braccio giuridico di Hamas”, è stato lo slogan dei manifestanti pro-Israele che ieri hanno formato un corteo davanti al tribunale dell’Aja, con i parenti dei cento ostaggi ancora nelle mani di Hamas, organizzazione che proprio ieri ha annunciato di voler giustiziare se Israele non si ritirerà da Gaza. Abbiamo assistito a orazioni pronunciate dagli accusatori sudafricani che indossavano sulla toga i colori della loro bandiera, i quali sostenevano che in Israele esiste uno stato di segregazione, l’apartheid che è usata come primo passo per il genocidio deliberato e ora in corso del popolo palestinese. In Israele vivono circa dieci milioni di persone di cui due milioni sono arabi, la cui percentuale è quasi raddoppiata dai tempi della fondazione dello Stato di Israele nel 1948 costituendo più di un quinto dell’intera popolazione palestinese che vive insieme agli ebrei con assoluta parità di diritti (esentati dal servizio militare) fra cui l’obbligo scolastico per le ragazze, un diritto negato in quasi tutti gli Stati arabi. Ma ieri, davanti allo stesso tribunale che ha condannato Vladimir Putin non per aver invaso uno Stato indipendente ma per aver fatto deportare in Russia migliaia di bambini rapiti in Ucraina, il Sudafrica ha accusato davanti al mondo Israele di genocidio, cioè del più infame dei delitti, noto come Shoah, subiti nell’indifferenza del mondo dal popolo degli ebrei sterminati a milioni insieme agli zingari.

Le reazioni in tutto il mondo in cui esiste una libera informazione sono state di sdegno e di disagio, anche se da molti mesi una vasta campagna favorevole ad Hamas antisraeliana ed antisemita dilaga sia nell’Europa occidentale che negli Stati Uniti a causa dell’altissimo numero di vittime dei bombardamenti israeliani a Gaza per stanare e distruggere Hamas. Ma nessuno si aspettava che l’accusa di aver provocato la morte di migliaia di civili tra cui molti bambini fosse accompagnata dall’accusa di segregare i cittadini arabi israeliani, un quinto degli abitanti di Israele, discendenti dei palestinesi che nel 1948 non obbedirono all’ordine della Lega Araba di abbandonare il nascente Stato di Israele. Quelli che vivono nello Stato ebraico sono gli unici arabi che votano e sono eletti in Parlamento. Il più famoso di loro è il professor Salim Joubran che, come Presidente della Corte Suprema israeliana, nel 2003 mandò in galera l’ex Capo dello Stato di Israele, Moshe Katzav, per abusi sessuali.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.