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In Zimbabwe la sesta moneta si conferma carta straccia, il distacco dal franco resta lungo e complicato
Nell’aprile scorso lo Zimbabwe ha lanciato la sesta moneta dal 2008, questa volta ancorandola al valore delle riserve aurifere dello stato africano. Questa nuova valuta chiamata ZIG, acronimo nato dall’unione delle parole Zimbabwe e Gold, alla sua nascita aveva un valore, fissato dalla Banca Centrale dello Zimbabwe, di 13,56 dollari e sostituiva lo Zimdollar, moneta divenuta carta straccia e che veniva cambiata con un valore di 1 a 25mila sul dollaro americano.
La mossa voluta da governo di Emmerson Mnangagwa era stata fortemente contestata dall’opposizione che aveva accusato l’esecutivo di nascondere gli enormi problemi del paese e che questa nuova moneta era destinata all’ennesimo fallimento. Era una previsione piuttosto scontata ed infatti a fine settembre la Banca Centrale ha dovuto svalutare lo Zig del 40% del suo valore nel disperato tentativo di arginare la pressione dell’inflazione e soprattutto il mercato nero che da sempre è fortissimo nel cambio monetario in Zimbabwe. Sono nati infatti mercati paralleli di scambio monetario che cambiano lo Zig a tassi molto diversi da quelli ufficiali ed il governo ha provato ad intervenire facendo tagli drastici alla spesa pubblica.
La popolazione ha fatto incetta di dollari americani, comunemente accettati in Zimbabwe dal 2009, ma oggi comprarli diventa sempre più difficile e nonostante il governo abbia obbligato chiunque lavori in Zimbabwe a pagare almeno metà dei costi in Zig, molte aziende straniere usano direttamente i dollari Usa. Ancorare la moneta al dollaro era da subito sembrato un azzardo perché nonostante si tratti di un asset valido rimane facilmente attaccabile sul mercato e quindi troppo fluttuante per poter garantire una stabilità valutaria. Lo Zimbabwe attraversa da molti anni una profonda crisi economica e politica che lo ha isolato dal mondo e i suoi avvicinamenti ad organizzazioni come i Brics sono stati rallentati per la sue enorme ed insanabile esposizione debitoria con la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale.
Il governo dello Zimbabwe aveva assicurato di avere importanti riserve di valuta estera che avrebbero dovuto garantire la stabilità dello Zig, ma sono bastati pochi mesi per ridurre anche la nuova moneta a carta straccia come era diventato lo Zimdollar. L’esempio dello Zimbabwe deve essere un monito anche per i paesi del Sahel che stanno lavorando ad una nuova valuta che possa sostituire il Franco CFA ed il loro progetto prevede di ancorarne il valore proprio ad oro e metalli preziosi. Una mossa molto rischiosa e che, come dimostra il caso zimbabwese, sottopone la valuta ad attacchi e speculazioni del mercato valutario azzerandone rapidamente il valore sia nominale che reale. Il percorso di distacco dalla moneta creata in Africa dalla Francia ed agganciata all’Euro sembra per questo motivo ancora molto lungo e complicato.
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