Un miliardo per un milione di auto prodotte in Italia. È il nuovo piano incentivi all’acquisto presentato dal ministro Urso ieri ai sindacati. Che, salvo multe per aiuti di stato, ovviamente non potrà andare solo alle auto prodotte in Italia. E quindi Urso che escamotage usa? Sussidia le auto a benzina (in Italia produciamo solo quelle) più dell’elettrico. E il gioco è fatto. Il fondo per il 2024 conta 950 milioni. Di questi, 793 milioni sono destinati alle auto, distribuiti come segue: 240 milioni per le elettriche, 150 milioni per le plug-in e 403 milioni per le auto termiche.

I dati

Finora, degli 8,7 miliardi di euro fino al 2030 stanziati per il Fondo automotive con il decreto Energia 2022 (Governo Draghi), ben 2,66 miliardi, inclusi quelli del 2024, sono stati riservati agli incentivi auto e solo 750 milioni sono andati a interventi per sostenere la filiera produttiva, dai contratti di sviluppo agli accordi di innovazione. Nel piano 2023 si sono quasi esauriti i fondi per l’acquisto di auto con motore termico: dei 120 milioni previsti per questa categoria di veicoli, in sette giorni ne sono rimasti solo 25. E sono finiti subito, già il 23 gennaio, i 5 milioni di euro stanziati per i motocicli non elettrici. Dati che confermano la preferenza degli italiani per le auto termiche rispetto alle elettriche e plug-in. In questi ultimi due casi, nella prima settimana i fondi praticamente non sono stati toccati. Quindi ha ragione Tavares quando dice che se non incentivi elettrico, le auto non si vendono e gli stabilimenti chiudono. Gli stabilimenti italiani Stellantis producono quasi totalmente auto a motore endotermico. Insieme a tutta la filiera.

Anno 2035

In questo senso la scelta di Urso di incentivi così cospicui all’endotermico (il doppio di quelli all’elettrico) spingerà ancora di più gli italiani ad acquistare auto a benzina, anziché virare sulle nuove tecnologie. Questo consentirà certamente agli stabilimenti italiani di continuare a sfornare motori endotermici che, incentivati, aumenteranno produzione e manterranno occupati. Ma questo solo fino al 2035, termine ultimo per la vendita di auto con motore termico. Da quel momento chiuderanno anche le fabbriche che producono auto a benzina e diesel, se nel frattempo non si saranno riconvertite.

Prossime elezioni o prossime generazioni?

Qui non siamo fan dell’elettrico, ma questa è la legge. Il piano incentivi di Urso quindi, sussidiando benzina più di elettrico, ritarda la riconversione delle fabbriche italiane, sancendone la morte certa al 2035. Certo l’anno prossimo potrà dire che gli stabilimenti di Melfi e Pomigliano non avranno chiuso, anzi che ha aumentato produzione (termica) e mantenuto occupazione. Ma è un bluff, destinato a infrangersi al 2035. Insomma è la solita storiella del guardare alle prossime elezioni o alle prossime generazioni. Del resto lo stesso Urso ha già detto che se questo piano non funziona, l’anno prossimo anziché incentivare i consumi incentiviamo i produttori. Il piano esiste già: si chiama Industria 4.0. E non serve sprecare un altro miliardo per capirlo.