Medio Oriente
La guerra di Gaza fa cadere tabù. E i Pro-Pal ritirano fuori gli slogan delle Brigate Rosse

Per quanto ci si giri intorno, si tratta pur sempre di una guerra, con tutte le negatività che questo comporta. In altri contesti ho già scritto più volte che si tratta di una guerra anomala o, come si dice ora, asimmetrica, perché da una parte c’è uno Stato col suo esercito, i cui componenti sono (e muoiono) in divisa, che combatte dei guerriglieri armati fino ai denti, ma che vestono l’uniforme solo nei giorni di festa (tra cui mettono, purtroppo il 7 ottobre 2023 e le sue conseguenze, compresi i film da oscar girati quando restituiscono gli ostaggi morti, semivivi o parzialmente vivi).
Gli Stati costituiti devono rispettare le Convenzioni internazionali (compresa la Convenzione IV di Ginevra), non possono prendere ostaggi, non possono usare mezzi medici come blindati da combattimento, tutte cose che invece Hamas si permette. Lo Stato protegge i suoi cittadini, mentre Hamas li usa, impedendo loro di approvvigionarsi o di ripararsi nei tunnel, perché servono a salvare i combattenti.
Hamas si rifiuta di lasciare in mano ad altri la gestione dei viveri e dei beni di prima necessità, con ciò contribuendo ad affamare sostanzialmente i civili; almeno si abbia l’ardire di considerare Israele “corresponsabile”, per decenza se non altro. Un non Stato fornisce dati a caso, filma e manda in rete situazioni favorevoli alla causa come il numero pazzesco di morti; del resto nei documenti di propaganda Hamas ha più volte detto che più morti ci sono e più Israele avrà il mondo contro e così è. Gli USA hanno sperimentato questa tragica situazione in Vietnam, da dove sono in pratica scappati, lasciando “in braghe di tela” (come si suol dire) il Vietnam del Sud, ma Israele non può farlo, perché quella è la sua terra e non ha alternative.
La spirale è innescata e la narrazione viaggia sui binari tracciati, mentre il mondo si solleva contro uno Stato e non contro uno stato di cose (mi scuso per il gioco di parole). Questo, in sostanza, è un antefatto, perché andava spiegato a che punto siamo e quello che si rischia. I movimenti cosiddetti pro-pal da due anni hanno occupato ogni spazio, anche con violenza, ritirando fuori tutti i più triti slogan dei nostri anni settanta, compresi quelli delle Brigate Rosse, scagliando frecce su un solo bersaglio. Non si parla più di niente altro e si vedono questi cortei sciamare per le vie di ogni città, brandendo la bandiera di uno Stato che gli stessi Arabi hanno sempre soffocato sul nascere.
Ma quello che è drammatico è che qui in Italia si sta calpestando non soltanto la libertà e la dignità delle persone, ma anche le leggi dello Stato, come la legge Mancino o la legge elettorale. Specie dall’opposizione si stanno cavalcando situazioni che con i poveri civili di Gaza non c’entrano niente (almeno a prima vista), come i referendum abrogativi di leggi sul lavoro e sulla cittadinanza.
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