È necessario partire dal presupposto che Hamas è nemico dei palestinesi
In piazza San Giovanni Schlein ricordi che “Palestina libera dal fiume al mare” è la negazione di Israele

Sarebbe bello se la manifestazione di piazza San Giovanni fosse l’occasione per dire la verità sulle cause di un conflitto che arreca infiniti lutti e sofferenze ai palestinesi e agli israeliani. Se insieme alle critiche al governo israeliano si riconoscesse che Hamas è il nemico dei palestinesi, si ricordasse il suo dichiarato intento genocida verso gli ebrei con l’Olocausto liquidato come “leggenda sionista”. Poi, al levarsi dell’urlo “Palestina libera dal fiume al mare” fosse Elly Schlein a ricordare che quelle parole significano cancellare Israele. Ma torniamo alla cruda realtà.
La guerra ha origine dalla tragedia del 7 ottobre del 2023, il giorno più drammatico nella storia dello Stato di Israele. Migliaia di fedayn di Hamas attraversano la barriera di sicurezza al confine tra Gaza e Israele per ammazzare donne, uomini, bambini, sorpresi all’alba della festa ebraica di Simchat Torah. Ritorna l’incubo del passato. Donne e uomini di Israele si sentono preda del destino ebraico cui erano sfuggiti costruendo nel cuore del Medio Oriente lo Stato degli ebrei. La strage avviene quando sembrava possibile la storica apertura delle relazioni diplomatiche fra Israele e Arabia Saudita.
Tappa importante di un processo teso alla stabilizzazione della regione che l’Iran intende impedire. La risposta militare di Israele era inevitabile. Il governo israeliano avrebbe tuttavia fatto bene a tenere conto del consiglio di Biden che si recò in Israele poche ore dopo la strage e invitò gli israeliani a non commettere gli errori commessi da Washington dopo l’11 settembre del 2001!
L’operazione di terra con l’invasione della striscia di Gaza accompagnata da massicci bombardamenti con lo scopo di sradicare Hamas non ha condotto a successi militari definitivi ma ha provocato un numero inaudito di vittime.
Nel volgere di pochi mesi, la vittima di uno spietato pogrom è diventato l’aggressore e il popolo sopravvissuto alla Shoah si è ritrovato accusato di genocidio in un rovesciamento di tutti i valori. Come uscire dalle difficoltà in cui versa la iniziativa israeliana? Con la occupazione di Gaza e l’esodo della popolazione verso i paesi arabi circostanti? Condannerebbe Israele al disastro e ad un isolamento angoscioso. È il momento di ragionare diversamente. L’ala militare di Hamas con la morte di Yahya Sinwar è praticamente distrutta, Hezbollah sconfitto, la strategia iraniana in crisi con la caduta di Assad in Siria. I problemi restano ma l’assedio è stato rotto. Esistono le condizioni per una iniziativa politica di Israele: promuovere la costruzione a Gaza di un governo straordinario di transizione che escludendo Hamas trovi il sostegno dei Paesi arabi della regione. Un governo in grado di sfamare la popolazione e avviare con l’intervento dell’Unione europea, degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita e degli Emirati l’opera di ricostruzione. Tutto difficile ma cosa impedisce allo Stato ebraico di operare in questa direzione? Meglio occupare militarmente Gaza come vanamente accadde dal 1967 al 2005? Disperata illusione!
La strategia dei due Stati non era una idea estemporanea. Era una strategia storicamente fondata, riprendeva l’idea proposta dalla Commissione Peel del 1937 e adottata dall’Onu dieci anni dopo. È stata affossata dai nazionalismi messianici che si contendono la Terra Santa. Hamas vuole tutta la Palestina islamizzata, la destra religiosa e fanatica israeliana che Rabin definiva “il cancro della democrazia israeliana”, intende annettere la Cisgiordania e Gaza espellendo i palestinesi per dare vita al Grande Israele biblico. Miserabili follie, foriere di altre tragedie. Cosa fare? Non so se Netanyahu sia, per dirla con Benny Morris, “un incompetente e un codardo” ma il problema non lo si risolve solo cacciando Netanyahu. Occorre ricostruire un minimo di fiducia tra ebrei e palestinesi. Fiducia distrutta dall’odio che si è accumulato. Di qui la necessità di una coraggiosa iniziativa politica per la quale, dopo molto tempo, esisterebbero le condizioni. Prima che scelte avventate e rovinose le facciano dileguare.
© Riproduzione riservata