Il dossier segnaletico del Corriere – con i riferimenti e le foto dei filorussi – non era tale. Non doveva essere diffuso, perché ingenera una serie di malintesi, anche spiacevoli. E certamente il governo, le istituzioni non mettono in discussione la libera facoltà di prendere le parti dell’uno o dell’altro, rispetto alle questioni internazionali. “Meno che mai i giornalisti, i parlamentari, gli opinion maker”. Lo dice il Sottosegretario con delega all’Intelligence, prefetto Franco Gabrielli, che intende chiarire – una volta per tutte – le polemiche innescate dal dossier riservato sugli agenti di influenza filorussi che il Dis ha predisposto e qualcuno ha fatto illecitamente avere al Corriere della Sera.

Stravolgendone il senso, confondendo i piani e last but not least, vanificandone l’effetto. Così Gabrielli indice una conferenza stampa a Palazzo Chigi, collegandosi però da casa: ha il Covid, ma ci teneva a dare subito una risposta istituzionale forte. “Perché siamo davanti a polemiche molto gravi, perché le autorità di governo non hanno mai messo mano a liste di soggetti che hanno manifestato opinioni personali”, rassicura quando appare collegato in video conferenza da casa. Precisa dunque la natura dell’informativa, la tipica reportistica OSINT, che nasce dall’osservazione di fonti aperte: una mappatura di ciò che si trova in Rete, di quel che arriva all’utente medio. Ma che era comunque una informativa classificata come riservata, da non diffondere.

E saranno presi provvedimenti seri, assicura Gabrielli. “Niente rimarrà impunito”, dice. Aggiungendo che una indagine interna è stata aperta e che i responsabili verranno a galla. Ma sui principi cardine, non si discute: “libertà di opinione, di critica, di stampa devono essere tenute fuori da queste polemiche”. D’altronde non si tratta di una attenzione recente, sul fenomeno delle fake news. La Rete, le nuove modalità con cui si forma l’opinione pubblica richiedono un monitoraggio che non ha alcun carattere repressivo, né censorio. “Le attività di monitoraggio sulla guerra ibrida nascono da prima, addirittura da prima della pandemia. Le minacce di natura ibrida sono subdole, si insinuano. Le attività di intelligence OSINT non sono identificabili con attività di dossieraggio. La migliore cura contro la disinformazione è la libera informazione, e dunque la pluralità delle voci e delle opinioni”.

Adesso che i buoi sono fuggiti dalla stalla, c’è solo una operazione da fare: quella che gli anglofoni chiamano di open disclosure. Mario Draghi stesso avrebbe ispirato la libera uscita, a questo punto, del documento. Lui e il suo staff sono stati tenuti al corrente di tutte le fasi, secondo la ricostruzione del capo dell’intelligence. “Abbiamo ritenuto di declassificare il bollettino OSINT. Che peraltro aveva classifica Riservato, il minimo. L’esigenza di questo momento è quella di ribadire come non esistano altre finalità rispetto a quelle dell’attenzione al variegato mondo dell’informazione diffusa”, conclude Gabrielli.

E dopo di lui, parlano le carte: ecco appena desecretato il famigerato dossier. Tra le narrative pro Cremlino diffuse via social, vi si legge, vi è “il frequente ricorso a informazioni e prodotti audiovisivi decontestualizzati ed artefatti riproposti in lingua originale, con l’intento di inquinare e sovraccaricare il dibattito interno, decostruire la narrativa dei mezzi di informazioni nazionali ed occidentali in generale, ostacolare il processo di verifica delle informazioni stesse – consapevoli della difficoltà di riscontrare le evidenze sul campo – lasciando ampio spazio al dubbio e all’incertezza, ovvero predisporre l’opinione pubblica ad accogliere la narrativa favorevole a Mosca”.

“A partire dalla seconda metà di aprile, le narrative diffuse sui canali online dalla propaganda russa hanno continuato a riguardare la presenza di biolaboratori occidentali in Ucraina, l’impiego di armi chimiche da parte di quest’ultima come pretesto per operazioni flase flag, la denazificazione di quella Nazionale, la Russofobia, la brutalità dell’esercito di Kiev in contrapposizione alle presunte gesta eroiche dei soldati russi, nonché la strumentalizzazione dei sondaggi relativi alla guerra e i costanti attacchi all’immagine di Zelensky“.

Il Riformista ha avuto una copia del documento appena declassificato, eccola in anteprima.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.