Sabato 6 luglio Mali, Burkina Faso e Niger hanno firmato un trattato confederale che concretizza il percorso iniziato un anno fa e che ha portato alla formazione dell’Alleanza del Sahel (AES). Questa intesa, nata per una comune visione dopo i colpi di stato militari che hanno rovesciato i governi dei questi tre paesi, vuole creare un blocco economico e militare nel cuore della travagliatissima regione del Sahel dove imperversano i network del terrorismo internazionale e soprattutto lo Stato Islamico sembra davvero irrefrenabile.

Alla firma del trattato i leader militari hanno ribadito che grazie alla creazione di questa nuova alleanza i loro paesi si sono riappropriati della propria sovranità dimostrando come il dominio francese appartenga ormai alla storia. Questi tre stati africani erano infatti parte della cosiddetta Francafrique ed è proprio qui che ha cominciato a disgregarsi l’impero di Parigi. La creazione di questa entità nasce in contrapposizione dell’Ecowas (la Comunità Economica dell’Africa Occidentale) che ha perso diversi membri negli ultimi anni, sospendendo tutti gli stati che avevano subito un golpe militare. Dei 15 membri originari ne restano infatti soltanto 11, perché anche la Guinea è sospesa dopo che il colonnello Mamadou Doumbouya ha preso il potere defenestrando il presidente Alpha Condè.

Oltre ad una forza militare congiunta i tre paesi stanno pensando di creare un’unità economica che prenda anche in considerazione un’unità monetaria che possa sostituire il franco CFA, la moneta creata dalla Francia e che permette a Parigi di controllare le economie di tutti i paesi aderenti. I ministri dell’Economia dell’Alleanza del Sahel hanno pensato di sostituire questa moneta con una legata al valore dell’oro, di cui sono produttori, ma appare come un asset troppo vulnerabile dalle speculazioni del mercato e che verrebbe subito attaccata dagli investitori internazionali. Intanto sta nascendo una banca comune ed un coordinamento delle azioni diplomatiche, mentre gli investimenti toccheranno i settori dell’agricoltura, l’estrazione mineraria e l’energia.

Per porre rimedio a questa situazione l’Ecowas, dopo le poco credibili minacce, ha scelto la via diplomatica per convincere Mali, Burkina Faso e Niger a tornare all’interno del gruppo. Il giovane e promettente presidente del Senegal Bassirou Diomaye Faye ha ricevuto l’incarico di trattare con i paesi golpisti, insieme al presidente del Togo Faure Essozimna Gnassingbe. La sua vittoria a Dakar ha sparigliato le carte in Africa Occidentale, visto che era un candidato anti-sistema e soprattutto anti-Francia che sosteneva Amadou Ba, il delfino del presidente uscente Macky Sall.

La mossa di inviare Diomaye Faye è un tentativo di dare un volto nuovo all’Ecowas, presentando il presidente più giovane e più vicino alle istanze africane, il suo partito Pastef, guidato da Ousmane Sonko punta ad un panafricanismo che vuole rompere gli schemi del passato, soprattutto colonialista. Il Senegal, senza rompere con l’Occidente, sta infatti rinegoziando tutti i gli accordi con gli investitori provenienti da Europa e Stati Uniti dimostrando come una nuova via sia percorribile. La mossa senegalese serve ad allentare la presa di Mosca nel Sahel, ma sembra davvero complicato recuperare ai tanti errori commessi in questa parte di Africa.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi