Per come siamo abituati a guardare il planisfero, l’Antartide è quella striscia di terra dentellata che sbuca dal fondo e scompare nel nulla. Eppure è un continente vero e proprio, esteso per quattordici milioni di chilometri quadrati, più grande dell’Europa per intenderci. Dimenticato dalle cartine geografiche, ma al centro delle attenzioni e delle contese delle potenze globali.

Sono almeno sette i Paesi che ne hanno rivendicato la sovranità. Rivendicazioni sospese con il Trattato di Washington del 1959, integrato nel 1991 con il Protocollo di Madrid, che ne ha stabilito lo status giuridico, riconoscendolo “terra di nessuno”, impedendo la possibilità di svolgervi operazioni militari o economiche e destinandolo ad attività scientifiche, in nome del principio della libertà dello scambio di informazioni.

Gli unici abitanti dell’Antartide, infatti, sono le poche migliaia di ricercatori e scienziati distribuiti nelle basi permanenti gestite da trentacinque Paesi differenti. Anche l’Italia è presente dal 1985 con la base Mario Zucchelli. Una corrente oceanica primordiale, che scorre in senso orario intorno all’Antartide, ha creato una barriera naturale con gli altri oceani che lo circondano, impedendo ogni scambio di vita e rendendolo un luogo unico per gli studi sull’evoluzione degli organismi. Questo paradiso giuridico e naturalistico, tuttavia, è sempre più contaminato dallo scenario di tensione globale, che nell’ultimo periodo sta mettendo in discussione l’ordine internazionale e l’attitudine a cooperare. La contesa globale per assicurarsi influenza diplomatica, fonti di sussistenza minerarie, ittiche e di risorse naturali sta facendo vacillare l’impianto legislativo che tutela l’Antartide da decenni.

Secondo la rivista specializzata Maritme Executive, nelle ultime settimane, Russia e Cina hanno implementato la loro collaborazione nel continente, con progetti congiunti di perforazione nelle Larsemann Hills, una regione costiera dell’Antartide. Una notizia che non sorprende, in quanto si tratta dei due Paesi maggiormente promotori di una revisione dello status quo antartico, nella direzione di uno sfruttamento delle sue ricchezze. Nel 2020, Mosca aveva avviato una prima indagine sismica nel territorio e lo scorso anno aveva fatto sapere che una sua spedizione avrebbe individuato giacimenti con riserve di 511 miliardi di barili di petrolio. La Cina, dal canto suo, ha inaugurato una nuova base di ricerca, dotata di un efficiente sistema satellitare, situata provocatoriamente a ridosso della stazione statunitense McMurdo ed è entrata nel ristrettissimo club dei Paesi con almeno cinque basi in Antartide.

Xi Jinping ha commissionato inoltre la costruzione della più grande imbarcazione al mondo per la pesca di Krill, un invertebrato ricco di principi nutritivi che abbonda nell’Oceano Antartico. Pechino è interessata alle opportunità future di sfruttamento del sottosuolo, spinta dall’ambizione di assicurarsi il monopolio globale delle terre rare. L’amicizia “senza limiti” fra Russia e Cina si spinge così fino al Polo Sud, con buona pace di chi, dentro la Casa Bianca sta tentando di romperla, al costo di mandare in frantumi l’Occidente.

Salvatore Baldari

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