Un colpetto alla legge sull’autonomia differenziata la Corte costituzionale lo ha dato, ma non può certo essere considerata una vittoria per coloro che in questi mesi si sono stracciati le vesti parlando di legge “spacca Italia” o slogan similari. Come sottolineato nel comunicato della Consulta (in attesa del deposito della sentenza), la Corte ha ritenuto “non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge”, quindi smontando l’impianto strategico degli oppositori, azzoppando persino l’eventuale referendum. Una “vittoria di Pirro”, in quanto i giudici hanno ritenuto “illegittime specifiche disposizioni” contenute nel testo. Per il governo sarà l’occasione di superare gli elementi di illegittimità, seguendo le indicazioni della Corte; per i nemici dell’autonomia – al di là delle baldanzose dichiarazioni e dei toni trionfalistici – la nota stampa della Consulta è una doccia fredda, perché l’autonomia non è incostituzionale.

L’autonomia non spacca né aumenta diseguaglianze

Dunque non “spacca”, non divide, non aumenta le diseguaglianze, e di certo non più di quanto abbia fatto un determinato centralismo tout court che non ha brillato per la gestione di alcune materie. Al contrario, finisce per tratteggiare i “confini” che il governo non può e non deve superare, nel rispetto di alcuni princìpi cristallizzati nella Carta costituzionale. Per i giudici della Consulta, “l’art. 116, terzo comma, della Costituzione deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana”. Non siamo un ordinamento di tipo federale e dunque – pur riconoscendo “forme particolari di autonomia” – non possono essere intaccati alcuni princìpi di unità della Repubblica, ribadendo che è il principio di sussidiarietà che regola “la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni”. Nel chiarire questo aspetto, la Corte evidenzia – punto da non sottovalutare – come l’autonomia deve essere “funzionale” nel portare a un “miglioramento”, per efficientare gli “apparati pubblici”, assicurando una “maggiore responsabilità politica” nell’interesse collettivo di tutti i cittadini.

Il potere di “emendamento” del Parlamento

Dunque, ora toccherà aspettare la sentenza motivata e la palla tornerà a governo e al Parlamento che dovranno recepire quanto evidenziato dalla Consulta. Tra i punti salienti, la Corte ha sottolineato come l’iniziativa legislativa non possa essere “riservata” al confronto tra esecutivo centrale e gli esecutivi regionali, esautorando di fatto il Parlamento e minandone così la sua centralità. Di qui la “differenziazione” non potrà essere meramente recepita dalle Camere, nella formula “prendere o lasciare”, ma dovrà essere garantito il potere di “emendamento” del Parlamento.

Il tema cruciale dei Lep (livelli essenziali di prestazioni), quello che ha maggiormente acuito gli accenti tra regioni del Nord e del Sud, per la Corte non può avvenire per “delega legislativa”, ma deve passare per le Camere. Sul piano politico si è chiaramente ravvisata una fretta politica della Lega, che ha portato – contro il parere degli alleati – a un superamento dello steccato costituzionale. Ma sul piano sostanziale le ragioni dell’autonomia non cambiano. Se fossimo (cosa che non siamo) una nazione normale – invece di brandire le fiaccole e organizzare le barricate – avremmo dovuto aprire un dibattito costruttivo, che evidenziasse i limiti del centralismo politico che ha la responsabilità di molti ritardi e tanti limiti nell’azione amministrativa. Si è preferito – come spesso accade – sfruttare l’occasione per dividere il paese sulla polemica, non capendo invece che maggiori “funzioni” alle Regioni non limitano o indeboliscono l’unità del paese, ma la rafforzano, soprattutto in una nazione composta da mille campanili e da condizioni economiche e sociali differenti.

Una “buona” autonomia

Una buona “autonomia” è un bene per il Sud, non un limite. Una buona “autonomia” è l’occasione per migliorare alcuni “servizi” che il centralismo non è in grado di garantire. Una buona autonomia non divide ma unisce. La prima vera sfida nel nostro paese è superare i dogmi, le partigianerie costituzionali. In tal senso le annotazioni della Corte costituzionale potranno favorire un dialogo costruttivo e responsabile per sanare i punti di “illegittimità”. Ne dubitiamo, ma lo auspichiamo.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.