La Corte Costituzionale ha accolto parzialmente il ricorso contro la legge sull’autonomia differenziata per le regioni a statuto ordinario, che consente loro di richiedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.

Nello specifico, la Corte ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità per l’intero impianto della legge, ma ha ritenuto illegittime alcune disposizioni specifiche presenti nel testo.

Secondo la Corte, l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – che regola la possibilità per le regioni ordinarie di ottenere particolari forme di autonomia – va interpretato all’interno del contesto dello Stato italiano. Ciò implica che, pur riconoscendo l’importanza del ruolo delle regioni e la possibilità di concedere loro particolari autonomie, devono essere salvaguardati i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra regioni, dell’uguaglianza e della protezione dei diritti dei cittadini, oltre all’equilibrio di bilancio.

In particolare, la Corte «ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge:

– la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;

– il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento;

– la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP;

– il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP;

– la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni;

– la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;

– l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali».

A presentare ricorso erano state le Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania; la presidenza del Consiglio aveva difeso la legge, insieme con atti specifici delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto. “Ora il governo torni indietro. E salvi l’unità della Repubblica” ha detto la presidente del Consiglio regionale pugliese, Loredana Capone.

Soddisfazione anche da parte di Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra: “La decisione della Corte Costituzionale di ritenere illegittime alcune disposizioni sull’autonomia differenziata è una buona notizia. Abbiamo sempre sostenuto che il problema risiedeva nell’illegittimità di alcune norme sull’autonomia differenziata, che rischiavano di portare l’Italia verso frammentazione e disuguaglianze sociali in settori fondamentali come la sanità, la scuola e l’energia. La Corte ha ribadito l’importanza di salvaguardare l’unità d’Italia e l’uguaglianza sociale, andando contro le proposte di Salvini e Meloni. La sentenza è la demolizione della legge Calderoli e lo stop del mercimonio politico tra Meloni e Salvini, che scambiano il premierato con l’autonomia differenziata. L’Italia non è in vendita e auspico che i giudici della Corte Costituzionale siano rispettati e non attaccati come accaduto con i giudici di Roma definiti comunisti da Salvini”. “Gliel’avevamo detto in tutti i modi che così non poteva funzionare, non si può escludere il parlamento e soprattutto non si può mettere in pericolo l’unità del paese. Se ne facciano una ragione: la secessione non ci sarà”, così invece Toni Ricciardi, Vice-presidente del gruppo Pd e relatore di minoranza sull’Autonomia differenziata alla camera

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