I sette governati di alcune delle nazioni più importanti del mondo sono riuniti in un bellissimo borgo della Puglia a discutere, e le loro passeggiate nella natura mi hanno fatto venire in mente alcune passeggiate celebri tra scienziati. Negli anni quaranta del secolo scorso Albert Einstein era sicuramente lo scienziato più celebrato e conosciuto del mondo. Le sue teorie della relatività ristretta e della relatività generale erano universalmente ritenute valide, anche se si affacciava pericolosamente all’orizzonte la fisica quantistica, che in qualche modo avrebbe rimesso in discussione l’impalcatura generale del funzionamento dell’universo.

In quegli anni Einstein viveva a Princeton, nel New Jersey, all’interno di un campus universitario bellissimo e pieno di verde. Sempre più frequentemente lo si vedeva a passeggio con un altro signore. Le due figure non potevano apparire più diverse. Informale e spesso disordinato Einstein, con i suoi inconfondibili capelli arruffati bianchi, elegantissimo e ordinato l’altro signore, che non tutti al campus riconoscevano. Eppure si trattava di un logico matematico di straordinario valore, forse il più grande di sempre dopo Aristotele. Era un austriaco e si chiamava Kurt Gödel. I suoi più grandi successi sono stati la dimostrazione di due teoremi di grandissima importanza: il teorema di completezza e il teorema di incompletezza.

Con il primo teorema il logico austriaco dimostrò che se esiste un insieme ben delineato di formule tali da costituire un sistema matematico formale e coerente, allora una formula è deducibile e dimostrabile come conseguenza delle altre formule e viceversa. Il teorema di incompletezza, invece, dimostra che qualsiasi sistema matematico-formale sufficientemente complesso, contiene al suo interno almeno un assioma, cioè almeno una verità matematica non dimostrabile dentro al sistema e dimostrata all’interno di un altro sistema formale più potente. Soprattutto questo secondo teorema aprì scenari filosofici di straordinario interesse sul valore del tempo, sul tema della verità e della ricerca della verità ultima. Per questo Gödel fu definito come il matematico che aveva dimostrato l’esistenza di Dio, cioè dell’infinito assioma nell’infinito teorema. Molti si chiedevano di cosa parlassero Einstein e Gödel, mentre passeggiavano nei viali alberati e nei prati di Princeton.

Ci piace pensare che parlassero di logica e matematica, del senso del tempo, del tentativo di Einstein di costruire una teoria del campo unificato per scongiurare il pericolo dell’indeterminismo quantistico. Entrambi, infatti, condividevano l’idea che l’universo funziona in modo deterministico, e compito della matematica è solo di individuare le formule capaci di spiegarlo. Sicuramente parlavano anche di politica, visti i tempi bui che si preparavano per l’umanità e anche per le scienze. Probabilmente anche dei problemi personali, che a nessuno dei due mancavano. Soprattutto Gödel era una personalità molto complessa, preso dalle sue paure, da una fortissima fobia dell’avvelenamento da cibo che lo spinse, nel tempo, a lasciarsi morire di fame.

Chissà perché noi pensiamo che persone importanti, o potenti, che condividono del tempo personale, debbano usarlo per il progresso dell’umanità. È un po’ la stessa sensazione che provo vedendo i sette potenti della terra aggirarsi tra le meraviglie della natura di Borgo Egnazia. Immagino conversazioni illuminate. Li vorrei sentire discettare di come redistribuire le risorse per contrastare l’impoverimento, migliorare realmente la tenuta dei conti pubblici e la qualità dei servizi, creare sviluppo e benessere, difendere la libertà dei cittadini. Gli occhi del mondo sono puntati su di loro, che ci rappresentano e ci governano. Eppure poi penso che banalmente, parlano dei fatti loro e si mettono in mostra. A differenza di Einstein e Gödel, ci lasceranno poco o nulla.

Pietro Maiorana

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