Era stato un bug nel sistema informatico a paralizzare lo spoglio del voto di Roma alle recenti elezioni europee. Un’attività puramente digitale che non aveva alcun valore giuridico, ma che non permetteva di caricare i voti sul sito del Viminale e che di fatto impediva di conoscere pubblicamente e con certezza le preferenze espresse dagli elettori e i risultati definitivi. Il blocco era arrivato dopo le prime 800 sezioni su un totale di 2.599. Un problema che avrebbe dovuto risolversi ad ore stando alle dichiarazioni rilasciate dal Sindaco Roberto Gualtieri e dall’assessore al Personale di Roma Capitale Andrea Catarci, ma che invece a quattro giorni dalla chiusura dei seggi è ancora in corso.

A raccontarlo è Libero: mancano all’appello ancora 78 sezioni, ma il problema non è più il bug informatico: i verbali sono illegali o sbagliati, hanno dati incompleti e contraddittori (ad esempio più votanti degli iscritti) e necessitano quindi di un ulteriori passaggio: la riapertura delle schede. Quest’ultimo procedimento però può essere eseguito solo dalla Corte d’Appello. Non solo. Come riporta il Foglio, nel giorno del grande crash, quando decine di presidenti di seggio erano obbligati a non uscire dalle aule, il direttore generale del Comune di Roma, Paolo Aielli, era in ferie in Umbria con la moglie (assessore della giunta Gualtieri). Davanti al caos dello spoglio sarebbe stato richiamato per gestire l’emergenze, rispondendo con un secco ‘no’ alla possibilità di lasciare la via Francigena. La versione è stata confermata al Foglio da tre fonti, nonostante Aielli abbia smentito.

La sentenza di Marino

Nel giorno del bug, Ignazio Marino, prossimo europarlamentare AVS aveva dichiarato: “Questa è la Capitale d’Italia e queste sono le condizioni di sorveglianza rispetto all’anima della democrazia. Diciamo che forse c’è qualcosa da mettere a punto”.

Redazione

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