L’Africa, il Mediterraneo, l’Intelligenza Artificiale, la guerra in Ucraina, la grande crisi in Medio Oriente con il conflitto nella Striscia di Gaza. Il G7 in Puglia, tra imponenti schieramenti di forze dell’ordine e polemiche, si concentra su temi fondamentali che possono decidere il presente e il futuro del mondo. Ma trova davanti a sé una realtà in cui il summit rischia di essere un momento di incontro ma anche di dimostrazione di stallo, specialmente perché tanti esperti sottolineano che oggi non può più ricercarsi in un formato così ridotto la soluzione a questioni globali con potenze che non possono nemmeno più considerarsi emergenti.

Il flop di Biden

Molti dei grandi della Terra, a cui si aggiungerà per la prima volta anche un Papa, arrivano a questo vertice con una certa debolezza, molte sfide, ma anche con soluzioni che sembrano essere sempre meno concrete. Joe Biden, che vede una leadership fragile e una pericolosa campagna elettorale alle porte, sbarca in Italia con il flop del suo piano per la tregua tra Israele e Hamas. La guerra in Ucraina non sembra destinata a chiudersi nel breve termine. E nonostante l’autorizzazione a colpire in territorio russo anche con armi occidentali, la pressione militare di Mosca continua a essere enorme – pur se attualmente in fase di stallo – e con il rischio che il fronte orientale e nordorientale ucraini capitolino nel prossimo periodo. A queste due sfide gli Stati Uniti hanno provato a dare delle risposte concrete, sia sostenendo Kiev sia provando la difficilissima mediazione tra gli interessi di Israele e le prospettive di evitare un disastro umanitario a Gaza. Ma le soluzioni auspicate da Washington sembrano non incontrare le esigenze delle parti in guerra.

La crisi post Europee

Se Biden si trova in questa situazione, non se la passano meglio gli altri leader dell’Occidente. Le elezioni europee hanno confermato la debolezza di molti capi di governo o di Stato del Vecchio continente. E i corpi elettorali sembrano sempre più distante delle agende dei rispettivi governi. Il presidente francese Emmanuel Macron è stato costretto a convocare nuove elezioni per provare a sferzare un paese che ha dimostrato di essersi spostato non solo a destra, ma soprattutto verso la destra più radicale, quella del Rassemblement National.
La Germania di Olaf Scholz, dopo questa tornata elettorale, appare ben poco in linea con l’agenda internazionale del suo cancelliere. Il partito di destra radicale, l’Afd, è ormai saldamente inserito nel sistema politico tedesco. E all’interno delle forze di Berlino cresce anche il partito dei cosiddetti “rossobruni”, il Bsw di Sahra Wagenknecht, che ha già dimostrato di avere idee completamente diverse rispetto al cancelliere per quanto riguarda il conflitto in Ucraina.

L’unica leader in salute è Meloni

Il premier britannico Rishi Sunak si trova a sua volta in una situazione di estrema debolezza, con le elezioni alle porte e un paese che non riesce più a trovare la sua tradizionale stabilità politica. L’Unione Europea, investita dal tornado politico delle destre in Francia e Germania, appare lontana dall’essere una forza geopolitica. Il canadese Justin Trudeau e il giapponese Fumio Kishida non sembrano certo sulla cresta dell’onda. E questo conferma che per l’appuntamento di Borgo Egnazia, l’unica leader a potersi considerare rafforzata e in linea con il proprio elettorato è proprio Giorgia Meloni, fresca di nuova approvazione popolare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.

La debolezza dei leader (ben diversa rispetto alle leadership di chi guida i sistemi rivali dell’Occidente) e l’incapacità di dare delle soluzioni efficaci a problemi mondiali, sottolineano come questo appuntamento pugliese rischia di partire con un’ombra. Lo sa anche il presidente ucraino Volodymir Zelensky, che arriva al G7 avendo di fronte a sé dei leader convinti del sostegno a Kiev ma con un’Europa che dimostra – quantomeno a livello elettorale – di essere sempre più frustrata da una politica che appare distante dalle esigenze di parti importanti della popolazione. E anche per questi motivi, e in vista del summit in Svizzera, non è un caso che Meloni abbia puntato su un G7 che rimetta al centro del dibattito non soltanto le grandi guerre che stanno sconvolgendo il mondo (Israele e Ucraina) ma anche l’Africa e le migrazioni.

Tematiche da sempre fondamentali per l’agenda del centrodestra italiano (e in particolare della premier) e che servono al capo del governo anche per confermare quel famoso Piano Mattei per l’Africa che Giorgia Meloni considera il pilastro della propria politica estera. Il continente africano, anche a causa delle guerre che in questo momento interessano in via principale i media e la politica internazionale, appare spesso un dossier secondario. Eppure non bisogna dimenticare che la partita africana e il caos che domina la regione rappresentano snodi fondamentali della politica internazionale. Il fenomeno migratorio è infatti solo una parte del dossier. Ma quello che conta, in Africa, è soprattutto la sfida tra potenze. Il Sahel è stato sconvolto da una serie di colpi di Stato che hanno dimostrato la capacità soprattutto russa di penetrare nel cuore dell’Africa, riuscendo a scalfire i vecchi imperi coloniali e costringendo l’Occidente ad arretrare rispetto all’avanzata di Mosca ma anche di Pechino. Allo stesso tempo altre potenze come le stesse monarchie arabe, l’Iran o l’India, stanno cercando i loro “posti al sole” in Africa. Questioni prioritarie per un mondo che fatica a uscire dal caos sempre più predominante.