Le forze laiche, liberali e socialiste hanno progressivamente ridotto il peso delle rispettive ideologie e le loro presunte verità per fare posto ai fatti, cercando di migliorare le proprie capacità di analisi e di previsione. Come nel caso della metodologia scientifica, si modifica la teoria in relazione all’accertamento dei fatti anziché manipolare i fatti per giustificare la teoria, il che non ci mette automaticamente al riparo da errori, ma consente di operare correzioni, aggiustamenti e revisioni.

Per quanto sia comprensibile che nella politica rimanga un residuo, insopprimibile, di comunicazione propagandistica, sia essa russa oppure occidentale, i riformisti non possono rimanere imbrigliati nelle caricature retoriche della storia e degli avvenimenti. Un conto sono le rappresentazioni, le narrazioni, la comunicazione, altro sono i dati di realtà, ed è a questi che dobbiamo restare ancorati. A proposito di interpretazioni: ricordiamo le tante narrazioni che dipingevano un Putin “folle”, “irrazionale”, “imperialista”, il “nuovo Hitler”? E ora? Si tratta della stessa persona che, sebbene provocata, valuterà con analitica freddezza la decisione di non impiegare le testate nucleari?

Combattere gli avversari politici implica lo sforzo di comprendere le ragioni che li spingono ad agire secondo una certa logica. Bollare di “irrazionalità” l’interlocutore equivale a rinunciare a individuare le ragioni alla base del suo agire e, di conseguenza, rinunciare a prevederne e anticiparne le mosse. L’interazione umana è un gioco complesso composto da molteplici variabili e non definibile attraverso un rigido meccanismo causa-effetto. Se Putin fosse veramente un uomo “folle” l’ultima cosa che dovremmo fare sarebbe provocarlo; viceversa se non lo fosse sarebbe altresì pericoloso illudersi di saper prevedere con certezza le sue reazioni, e quindi stabilire con esattezza mosse e contromosse. Nell’accadere storico gli aspetti aleatori sono onnipresenti: l’imprevisto è sempre in agguato.

Al netto di ogni considerazione circa le responsabilità occidentali che hanno preceduto l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, posto che probabilmente gli Usa avrebbero agito allo stesso modo a parti invertite, e considerato inoltre che la compattezza dell’Europa andrebbe in frantumi se dovesse venire meno l’azione statunitense, cerchiamo di mettere a fuoco il senso dell’attuale escalation. Mentre Putin si è detto pronto a trattare, i paesi leader dell’Europa si armano, dichiarandosi pronti a superare la linea rossa che avevano tracciato e che, fino a poche settimane fa, veniva considerata invalicabile. Tale confine consisteva nella distinzione tra il sostegno al popolo ucraino, fornendogli armi adeguate per potersi difendere dall’aggressione, e un intervento diretto contro la Russia tramite l’invio sul campo di uomini e mezzi.

L’Occidente ha deciso di difendere il popolo ucraino dotandolo di armi e risorse contro l’invasore russo sulla base del principio dell’autodeterminazione – argomento peraltro non applicato nei confronti della Crimea in conseguenza del controverso referendum tenutosi nel 2014. A seguito di questa decisione, l’Europa sta pagando un prezzo elevato in termini economici. Va infatti ricordato che l’Ucraina è un Paese invaso che non fa ancora parte né dell’Unione europea né della Nato. Anzi: l’azione russa aveva tra i suoi obiettivi proprio quello di impedire tale processo di inclusione. Il fatto che l’invasione anche solo di una parte dell’Ucraina sia stata valutata come una minaccia concreta ai confini dell’Europa utilizza lo stesso argomento impiegato a suo tempo da Putin per giustificare il suo attacco.

Siamo e restiamo alleati degli Stati Uniti, ossia di coloro che contribuiscono a pagarci la difesa, ma soprattutto di tutti coloro che condividono i valori del nostro sistema democratico-liberale e dello Stato di diritto, aspetti che fanno la differenza rispetto a ogni altra forma di governo. Tuttavia, è proprio il mondo liberale e socialista, da Biden a Macron, che in questo momento spinge verso una possibile escalation. Tant’è che, mentre Putin si dichiara pronto a trattare con l’Occidente, noi ci dichiariamo pronti a inviare uomini e armi in Ucraina e ad attaccare la Russia: qual è il senso di queste posizioni? Perché non possiamo credere alle parole di Putin? Perché se non lo fermiamo è pronto a continuare la sua politica dittatoriale-espansionistica? Ma come possiamo esserne certi? Tali convinzioni comportano la responsabilità di incrementarne il rischio.

Non possiamo escludere l’invio di truppe in Ucraina, ha dichiarato Macron. L’Occidente afferma di essere pronto a superare la linea rossa da esso stesso tracciata sulla base di un sospetto, di un’idea, di una convinzione che, per quanto legittima, è pur sempre solo una possibilità? Qualcuno ritiene veramente che la pace possa affermarsi attraverso la sconfitta di Putin, e solo nel momento in cui verranno ristabiliti i confini ucraini anteriori all’invasione? Ma poiché nessuno crede veramente a questa prospettiva, perché lo sfidiamo a una reazione che prevede l’utilizzo dell’arsenale nucleare?

Due le risposte possibili: vogliamo smascherare il bluff nella convinzione che Putin non impiegherà alcuna arma (ma non era un “folle”? Ora, invece, è un mostro calcolatore?). Oppure, peggio ancora, intendiamo costringerlo a utilizzare le armi per dimostrare la tesi dell’Occidente con tutto ciò che una prospettiva di questo tipo potrebbe comportare, ossia il concatenarsi di eventi incontrollabili. Tutte queste prospettive, per quanto militarmente comprensibili, presentano il rischio di innescare azioni ed eventi che potrebbero condurci verso un conflitto di portata planetaria.

Obiettivo primario dei riformisti consiste nell’affermare l’interesse europeo attraverso il raggiungimento della federazione, a velocità variabili, degli Stati Uniti d’Europa. Un assetto politico in grado di esprimersi attraverso una sola voce in politica estera, con dei confini, una difesa e una politica fiscale comuni. L’Europa, se vorrà contare, dovrà consolidarsi politicamente: l’urgenza degli Stati Uniti d’Europa si avverte ogni giorno che passa. Solo così l’Europa potrà guadagnarsi la sua piena indipendenza sia dagli Usa sia dalla Russia.

Se si è convinti che Putin stia mentendo, il nostro compito consiste nel dimostrarlo, valutando realisticamente la situazione in atto e favorendo ogni azione diplomatica. Si tratta di evitare l’escalation sfumando le tesi promosse da Biden e Macron (senza dimenticare quanto pare abbia affermato Trump: “Da Presidente – dopo l’attacco all’Ucraina – avrei bombardato Mosca”). E di sfuggire alla trappola di interpretare le guerre e i conflitti attraverso categorie morali suddividendo il mondo in buoni e cattivi.

È necessario, invece, mettere da parte queste categorie ed essere pronti alla mediazione in modo da vagliare ogni forma possibile di trattativa in funzione della pace e della stabilità politiche. Il presunto bluff di Putin va smascherato, altrimenti potremmo diventare noi stessi gli attori e i responsabili principali dell’escalation. Ci chiediamo infine cosa debba ancora accadere – dopo la guerra in Ucraina, le precedenti crisi economiche, il Covid-19 – prima che si comprenda l’urgenza di raggiungere gli Stati Uniti d’Europa. Forse solo un referendum promosso e limitato ai principali Paesi europei può condurci a tale obiettivo, oppure, altrimenti, al fallimento definitivo di questo sogno europeo.

Edoardo Greblo, Luca Taddio

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