Per poterlo capire (sia superficialmente che profondamente) basta affidarsi agli efficacissimi, eppure trascurati, tutorial girati e pubblicati dallo stesso Vladimir Putin da molti anni su YouTube. Troverete, ben esposti anche nei passaggi più terrificanti, i suoi pensieri che spaziano dalla Weltanschauung omofobo-patriottica alla guerra termonucleare che non si capisce mai se la vuole o no. Due giorni fa ha detto che gli italiani hanno davvero un grande temperamento artistico. Adesso gli italiani sono un po’ sbatacchiati dai paesi potenti e prepotenti. La Germania invece no, pollice verso. I tedeschi pagheranno il prezzo e inoltre lui li conosce bene e parla con fluenza la lingua di Goethe e di Shiller.

Il terzetto con Merkel e Macron

In età di intelligenze artificiali, il presidente russo ha una mente formattata alla vecchia scuola del Kgb di cui Vladimir era un giovane tenente colonnello nella stazione di Dresda, Repubblica Democratica Tedesca: lì aveva creato un rapporto molto diretto con Angela Merkel e, attraverso lei, con Emanuel Macron. Fu un genio. Secondo Sylvie Kauffmann analista di “Le Monde” e autrice del libro “Gli accecati: come Berlino e Parigi hanno dato il via libera alla Russia”. Il terzetto con Merkel e Macron fu il primo capolavoro del presidente russo: intortò sia la Cancelliera che Monsieur le President come bambini.
Putin è molto più misurato del suo avatar Michail Medvedev (con cui faceva la spola alla Presidenza per aggirare la Costituzione) il quale ogni giorno promette bombe atomiche a Londra, Berlino e Varsavia.
Ma in Italia no perché, ha appena dichiarato Putin, ha belle opere d’arte e poi ha trovato sempre gente simpatica, “so io come trattarli”.

Putin e l’inseparabile giubbotto antiproiettile

Ma gli obiettivi missilistici, per prudenza e portarsi avanti col lavoro, sono stati già selezionati fra i luoghi più ricchi affinché vengano colpite al cuore le identità nazionali europee per le quali Medvedev non lesina parolacce anche oscene che fanno a pugni con le sue ottime cravatte. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato una cosa gravissima: ha detto che secondo lui la Nato deve essere pronta entro il 2029 ad affrontare una guerra contro la Russia perché questo indicano i fatti, sia noti che segreti. Il cancelliere ha sempre cercato di tenere aperta la porta energetica con la Russia di cui la Germania gode fin dal segreto trattato di Rapallo nel 1922.
Putin è il meno prevedibile capo di Stato del XXI Secolo. Cammina come un soldatino di piombo, ma in borghese, con un ritmo sincrono con l’oscillazione del solo braccio sinistro perché l’altro è pronto ad estrarre un’arma. Indossa sempre un giubbetto antiproiettile e il suo corpo di guardia è decuplicato. È un ascoltatore calmo ma distratto. Ha speso decenni per studiare la mentalità e le debolezze degli occidentali anche grazie al suo tedesco fluente che fece parte del suo charme iniziale.

Da Berlusconi a Prodi e Blair

Non aveva sedotto soltanto Berlusconi ma anche Romano Prodi, Angela Merkel, il Primo ministro inglese Tony Blair e lo Stesso Emmanuel Macron. Come ufficiale di intelligence ha analizzato a Dresda il sistema occidentale per scoprire le sue debolezze e colpirlo nei punti deboli. Fatte le debite proporzioni ha fatto un po’ come Yahya Sinwar, il capo di Hamas che usò lo stesso tempo del suo ergastolo per imparare l’ebraico e la mentalità ebraica per poter confezionare su misura le oscene stragi del 7 ottobre del 2023 destinate a far partire la guerra che lui aveva preparato e che ancora segue le sue previsioni.

Il credo di Vladimir

Vladimir Putin condivide con la maggior parte dei russi la straziante nostalgia dell’Unione Sovietica e ha sempre odiato Michail Gorbaciov e la sua dannata Perestroika. Fu scelto per affiancare e poi sostituire Boris Yeltsin ormai allo stremo e si presentò come il saggio amministratore di San Pietroburgo, poi il candidato per una Presidenza sotto tutela dell’istituzione. E declamò il suo credo, che gli occidentali finsero di non capire: il diritto naturale a riprendersi tutto ciò era stato dei Romanov (specialmente Pietro e Caterina la Grande) e poi dell’Unione Sovietica.
La dottrina Putin è stata elaborata dal filosofo e propagandista Aleksandr Gel’evic Dugin, creatore dell’ideologia razzista che sostiene il primato russo su ciò che nel passato è stato russo a partire dalla Polonia che diventò indipendente dalla Russia soltanto alla fine della Prima guerra mondiale. Putin ha usato per l’Ucraina parole simili: l’Ucraina deve tornare e ricongiungersi con la Russia. Non si discute di diritto all’indipendenza, si parla di integrità territoriale e ciò che è stato russo una volta, è russo tuttora e per sempre. Ma è così difficile da capire? Su queste fondamenta è eretta la sua dottrina atomica ripetuta in questa settimana: un paese non usa armi atomiche a meno che non sia messa a repentaglio la sua sovranità.

La sciagurata dottrina atomica

E poiché la penisola di Crimea, strappata con le armi all’ucraina nel 2014, è stata già incorporata formalmente – ma illegalmente – nel territorio russo, qualsiasi tentativo (specialmente se riuscito) da parte degli ucraini di riprendersela è motivo sufficiente per far partire i missili con la bomba atomica. È una dottrina talmente sciagurata ma anche terribilmente limpida che non può essere ignorata dai pacifisti schierati con la Russia di cui sostengono le buone ragioni e intenzioni. Da un anno Vladimir Putin ha chiesto e ottenuto dal suo omologo bielorusso e vassallo Aleksandr Lukashenko di ospitare le rampe di lancio gli ordigni atomici lungo la frontiera con l’Ucraina.
Putin in questi giorni parla volentieri, ma con compatimento e desolazione della follia degli occidentali. Sembra Asterix quando si chiede se questi Romani sono tutti pazzi. Con tono sarcastico: “Ma quanto possono essere stupidi costoro! È mai possibile che non capiscano che noi non vogliamo fare una guerra contro la Nato ma vogliamo che sia rispettata non soltanto la sovranità riconosciuta dalle leggi ma anche quella riconosciuta dalla storia?”. E quindi, se qualcuno intralcia il diritto storico di invadere la Georgia o l’Ucraina, Putin oppone con fermezza a mano armata la prevalenza del suo diritto storico sulla sovranità di gente che non è autorizzata a parlare ma soltanto a tornare a casa viva, o in un sacco di plastica.

Il ruolo della Cina

Adesso Putin sta usando come una enorme opportunità economica il fatto che gli Stati Uniti abbiano per sei mesi tagliato i rifornimenti all’Ucraina permettendo all’Armata Russa di avanzare. Ciò ha permesso alla Russia di far circolare molta ricchezza attraverso una politica di altissimi stipendi nelle industrie delle armi e delle munizioni che oggi hanno superato per numero il quadruplo di quelle necessarie vincere in Ucraina. Intanto i cinesi, che hanno rifornito largamente la Russia di tutto ciò che la Russia non sa produrre: cioè elettronica fine, macchine che fabbricano macchine da guerra, autostrade per trasferire in Cina enormi quantità di petrolio con cui il Cremlino paga i rifornimenti, sono ai ferri cortissimi con l’amministrazione Biden oggi, figuriamoci se dovesse arrivare Trump in breve: Joe Biden ha deciso di castigare la Cina impedendole di portare le sue macchine elettriche sul suolo americano con un enorme rialzo dei dazi.

La Cina vedendosi esclusa in un settore di quel mercato vuole scaricare sull’Europa tutto ciò che non ha potuto vendere in America. Da qui una pressante attività di lobbing cinese per accelerare lo sfascio europeo svendendo prodotti tecnologici avanzatissimi di cui possono riempire il mercato al costo di quattro soldi: mille euro per un’automobile.
Il presidente francese Emmanuel Macron è al fianco dei cinesi per comandare sul mercato ma assumendo allo stesso tempo un atteggiamento aggressivo verso Putin minacciando l’invio di truppe.

La scommessa Trump

Putin aspetta di sapere come andrà a finire il 4 novembre quando potrebbe essere eletto un ex presidente che ha già dichiarato di essere pronto a lasciare alla Russia il bottino di quei paesi europei che non hanno ancora pagato spese militari per la propria difesa. Scherza o fa sul serio Trump? Putin per prudenza ha dichiarato in aperta contraddizione con sé stesso, e per garbo istituzionale, di preferire Biden e Trump. Ma in questo momento a Bruxelles si discute di che cosa fare di questa Europa che ormai non la vuole più nessuno e che non trova protettori.

Le Europee, le fake e l’interesse di Putin che va oltre

Anche Biden pensa più a Taiwan che all’Europa. L’Europa è sola ed ha di fronte a sé il presidente russo che seleziona già i perdonabili dagli imperdonabili a cominciare dall’Italia che trova molto perdonabile perché gli italiani non sono affetti da russofobia da cavernicoli, però non vuole saperne dei polacchi mentre ama gli ungheresi, svilupperà rapporti speciali con la Francia ma castigherà la Germania. Quindi in definitiva è Putin che comanda e probabilmente non è per lui alcuna grande ragion d’essere come finiranno le elezioni europee, benché la macchina della disinflazione stia lavorando a tutta caldaia per riempire la politica europea di notizie false e passi falsi.
Ma in definitiva l’Europa non ha un esercito, non può combattere, è nuda e il cancelliere tedesco ha detto mettiamoci in testa che dovremmo fare da soli e ci aspetta la guerra. Inutile fare finta. Ora è troppo presto ma nel 2030 sarà troppo tardi. Questo è il dibattito che si è acceso a Bruxelles e di questo sembrerà apparentemente e non della politica green che giustamente allarma paesi come l’Italia. Vladimir si muove fra corridoi di oro zecchino e velluti di seta, circondato da comparse in ambito da cerimonia.
Non alza quasi mai la voce. Non cambia mai idea e non l’ha mai cambiata mostrandosi sempre più sorpreso che l’Occidente, prima di tutto quello europeo, ma poi anche quello americano, si ostinino a non capire ciò che lui con calma serafica ripete settimanalmente in televisione. E cioè che se vi sta bene è così, altrimenti passiamo ai missili nucleari.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.