Ritengo che la vicenda dell’interrogatorio di Toti sia un fatto molto interessante ma non tanto sul piano giudiziario quanto su quello comunicativo.

Toti è stato messo ai domiciliari il 7 maggio. E da allora non può più esercitare le sue funzioni di Presidente della Regione Liguria. Dopo qualche giorno i PM hanno fatto sapere che lo avrebbero interrogato ieri, cioè due settimane dopo l’arresto. Nel frattempo si è creato un vuoto di governo in regione e tutti hanno cominciato a premere perché si dimettesse, senza alcun processo, senza sapere se fosse colpevole o innocente. Contemporaneamente è arrivata la condanna mediatica. Un percorso, un procedimento, una speranza molto forte tra politici, i media e magistrati, ma Toti invece ha tenuto duro. Non si è dimesso aspettando con pazienza l’interrogatorio di ieri.

I PM hanno preparato 180 domande, hanno tenuto Toti sotto torchio per otto ore e lui ha compiuto una mossa del tutto inedita: invece di aspettare che la notizia, e i verbali dell’interrogatorio, fossero messi fuori dalla procura, secondo le veline e le interpretazioni volute dalla procura, ha messo fuori lui stesso una memoria difensiva mentre l’interrogatorio era ancora in corso. Consegnandola ad una emittente locale, Telenord, ha preso tutti quanti in contropiede, dai magistrati ai giornali. Sono di solito infatti i magistrati che informano i giornali passando le veline, secondo le loro convenienze, le loro gerarchie, le loro tempistiche, distillando le informazioni nel corso del tempo in modo da dettare l’agenda mediatica.

Le reazioni

Altrettanto interessante è la reazione della stampa: i grandi giornali non l’hanno messa in evidenza perché avrebbero dato in questo modo un grande vantaggio comunicativo a Toti. Cioè sarebbero apparsi dipendenti dalla memoria difensiva del Presidente e non dalle veline delle procure. D’altro canto Toti è un giornalista, e si è mosso con grande intelligenza ed esperienza conoscendo bene queste dinamiche. Ha dettato lui l’agenda, opponendosi alla tenaglia che si stringe tra giornali e procure che condiziona la comunicazione delle vicende giudiziarie. È un esempio che può fare scuola. È una forma di disintermediazione. È l’azione di un imputato che rifiuta di essere stritolato dal processo mediatico e interviene da protagonista nel dibattito pubblico orientando i tempi e le modalità della comunicazione pubblica. Naturalmente i magistrati e i media cercheranno di rispondere prossimamente perché se si toglie a loro l’esclusiva dell’opinione pubblica rischia di saltare il giudizio. È un giochino del processo mediatico su cui hanno fatto le loro fortune.

Tratto da RifoNews del 24 maggio 2024, il podcast del direttore Claudio Velardi.