La fa facile Piercamillo Davigo, con la sfrontatezza tipica più del pubblico ministero che del condannato. È chiaro che quella del “caso Liguria” è corruzione, perché se non fosse così, saremmo in uno Stato canaglia. Sentenza emessa, sul quotidiano di famiglia. Altro che dottor sottile! Più cauto Gherardo Colombo, il quale almeno ammette che perché ci sia il reato di corruzione occorre il nesso di causalità tra l’elargizione e l’atto pubblico. Occorre anche un nesso temporale, aggiungiamo per dovere. E già è strano il fatto che come esperti di giustizia vengano intervistati a ruota Di Pietro, Davigo e Colombo.

Cioè l’intero pool di Milano di trent’anni fa, considerando che Borrelli e D’Ambrosio non ci sono più. Ma non è poi così strano, se si considera che tutta questa faccenda che, facile previsione, finirà in poco o nulla come tutte le altre precedenti in altre regioni, appare più scandalistica che seria. Con molte anomalie, come già sottolineato dal difensore di Giovanni Toti, l’avvocato Stefano Savi. La più grande delle quali riguarda lo stesso concetto di finanziamento della politica. Perché non esiste nel codice una norma che impedisca al finanziatore di svolgere la propria attività imprenditoriale anche in rapporto con la pubblica amministrazione.

Se si rimane nel recinto della liceità, naturalmente. Perché se io ti ho fatto un versamento in campagna elettorale e poi tu vieni eletto a sindaco della mia città, nessuno potrà mai impedirmi di partecipare a un bando o chiederti autorizzazione a costruire una casa o aprire un ristorante. E se un magistrato vorrà dire che c’è stato tra me e quel sindaco un patto corruttivo, lo deve dimostrare in modo inoppugnabile. Oppure io e la mia attività dopo quelle elezioni dobbiamo morire? Non ci sono “questioni di opportunità”, concetto in gran voga sui talk, che tengano, e che debbano portare a dimissioni di pubblici amministratori che fanno lavorare imprenditori che abbiano contribuito alla campagna elettorale. E neanche sono più tollerabili faccende moralistiche che misurano quanti piedi hanno varcato la soglia di una barca. Il quante volte figliuolo rientri nelle parrocchie. E la giustizia torni a essere amministrata secondo regole.

Ma la domanda è: quanti Toti e quanti Spinelli esistono in Italia? E sono tutti delinquenti e corrotti? Vogliamo intercettarli tutti per qualche annetto? Perché in questa inchiesta che nasce a La Spezia e poi va a Genova dove il governatore Toti, quando lo interrogheranno, si troverà davanti lo stesso procuratore Luca Monteverde, arrivato da dove tutto è partito, sembra che tutta quanta l’attività amministrativa della regione sia stata messa sotto la lente di ingrandimento. E l’articolo 318 del codice penale sia diventato l’abito per tutte le stagioni. Perché, se si dilata al massimo il concetto di corruzione, se qualunque finanziamento privato a una formazione politica deve portare come conseguenza che chi ha elargito il proprio contributo è visto come presunto corruttore, allora è meglio tenere ben chiuso il portafoglio.

E d’altro canto, se il solo fatto che un imprenditore abbia avuto contatti con la pubblica amministrazione per fatti regolari e leciti diventi poi impedimento a un suo sostegno in campagna elettorale, vuol dire che la politica non potrà più essere finanziata. E la Fondazione di Giovanni Toti rischia di essere presa di mira come già capitò a Open e al sospetto di finanziamenti illeciti a Matteo Renzi e alle iniziative della Leopolda. Ma la Cassazione ha più volte detto parole chiare al riguardo. E ha smontato il teorema. Potrebbe capitare ancora. Si torna al nesso di causalità. Quando l’imprenditore Aldo Spinelli, storicamente uomo di sinistra e finanziatore del Pd, ha versato anche i famosi 74mila euro che hanno portato agli arresti domiciliari Giovanni Toti, avrebbe in realtà dato una tangente per ottenere per esempio la privatizzazione della spiaggia “Punta dell’Olmo”? Il fatto non solo non è mai accaduto, ma sarebbe anche stato impossibile. È dunque reato il fatto che il governatore, alla ripetuta richiesta da parte di Aldo Spinelli, abbia detto che avrebbe visto quel che si poteva fare? Quanto poi al rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse per trent’anni, era di competenza dell’autorità portuale e Toti era intervenuto solo per evitare la consueta bagarre concorrenziale. In che cosa sarebbe consistito il patto corruttivo? Le risposte al prossimo interrogatorio di Toti, che sarà di vigilia elettorale.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.