Sulla vicenda Toti tutto il volgare e il gossip è stato tirato fuori. Ora i riflettori si spostano su Giorgia Meloni. La Premier non dà tempo al governatore della Liguria e in modo furbo interviene sul tema al momento giusto, quando ormai i giochi sono fatti. Al suo posto stanno infatti operando i giudici per liberare la campagna elettorale, dando un ultimatum all’uomo al centro dell’inchiesta e prospettandogli l’ipotesi delle dimissioni per uscire dagli arresti domiciliari, scenario che se non dovesse verificarsi gli impedirebbe invece di governare.

Se le accuse saranno vere o no (dovranno essere dimostrate in un processo) per ora non interessa a nessuno. Quel che più impressiona è il modo in cui continua a comportarsi questo Paese; la politica – sottomessa alla volontà altrui – ha trovato il modo per liberarsi di Toti: deve fare campagna elettorale e nessuno vuole averlo tra i piedi.

Allarmi sprecati

Un altro classico italiano: gli allarmi sprecati. Sulla corruzione, che torna in scena nel momento delle inchieste, l’Anac prova a fare i conti sui casi tra il 2015 e il 2020. Ci ricorda che gli allarmi sono tutti sacrosanti, ma bisogna distinguere tra una corruzione effettiva e una corruzione percepita e noi siamo maestri in Italia a lavorare sul piano informativo e sulle impressioni: i dati, in fondo, ci dicono che non siamo così distanti dai paesi sviluppati. Un altro avvertimento è invece quello lanciato da Liliana Segre sulla riforma del Premierato, ma sulle riforme istituzionali tenderei a fidarmi di chi si occupa della materia in modo più competente e professionale.

Tratto dal podcast di mercoledì 15 maggio

15/5/24 – Come hanno incastrato Toti di Claudio

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