È un “sistema”. Non quello attribuito, ultimo di una lunga serie di indagati, al governatore Giovanni Toti, ma quello mediatico-giudiziario che produce i danni collaterali. Sono quelli che, nei giorni successivi agli arresti, vanno a contaminare altre persone, estranee all’inchiesta, dopo aver scarnificato, giorno dopo giorno, fino all’ultimo lembo di pelle, la vita dell’indagato. Nell’inchiesta di Genova, nata a La Spezia, sta accadendo sia una cosa che l’altra. L’accusa nei confronti dell’indagato più noto, il presidente della Regione, un pezzetto alla volta sta diventando un gigante.

Sta accadendo qualcosa di strano, pur se non di sconosciuto. Giovanni Toti è agli arresti domiciliari sulla base di un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che gli contesta una sorta di voto di scambio tra pubbliche concessioni attribuite a determinati imprenditori e i contributi elettorali ricevuti, 76.000 euro in totale. La gip ha motivato la decisione, che riguarda anche altri indagati, con un’ordinanza piuttosto corposa. È stata anche criticata per aver impiegato a decidere cinque mesi dalla data della richiesta del pubblico ministero. Il cui fascicolo però, va ricordato, si compone di circa 9.000 pagine.

9mila pagine, il pozzo di San Patrizio

E sono proprio queste smisurate pagine, questa sorta di pozzo di san Patrizio, da cui stanno attingendo in questi giorni giornali, radio e tv. E torna il Grande Protagonista dell’inchiesta, che non è la giudice, ma il signor Pubblico Ministero. Storicamente colui che vive in simbiosi con il cronista giudiziario. Con la formula “fra le carte dell’inchiesta”, “nel mirino del pm”, “c’è anche”, “l’inchiesta si allarga”, si lascia intendere che le conclusioni della gip che l’hanno portata, dopo cinque mesi, a decidere sulle custodie cautelari, non sono altro che la punta dell’iceberg, perché la ciccia è quella che sta sotto e che, si lascia immaginare, è ben più consistente dei 76.000 euro. Sia chiaro, non c’è alcun provvedimento del pm, neanche di avviso chiusura indagini, che palesi l’esistenza di altre inchieste o altre incriminazioni. Però “spuntano” ipotesi e suggestioni.

Emergono dettagli accantonati dal Gip

Come quella sui rifiuti, che riguarderebbe finanziamenti elettorali ricevuti dal comitato di Toti tra il 2016 e il 2020. Si immagina che queste carte, ancora nelle mani del pm dopo otto anni, siano state visionate anche dalla giudice. E si deve dedurre che le abbia accantonate, non ritenendole degne di inserirle nelle motivazioni alla base della custodia cautelare. Altrettanto si deve osservare sull’ultima notizia, quella che riguarda la fornitura della Regione di vaccini nell’epoca della pandemia da covid. Sarebbero emerse nuove intercettazioni. Ma emerse da dove? Il capo della procura di Genova, Nicola Piacente, è il custode naturale del segreto investigativo. I mille rigagnoli che stanno scappando dal fiume principale dell’inchiesta non possono essere partiti che da lì. Da quegli uffici, chiunque sia stato, segretari, forze dell’ordine, cancellieri, avvocati o pm, si sono creati gli affluenti del fiume e sono stati fatti fluire fino ai pc dei giornalisti. Il procuratore non è preoccupato?

Accendere un ‘faro’

Ma Giovanni Toti, e così gli altri indagati e arrestati, quando con il suo avvocato sarà riuscito a leggere almeno le centinaia di pagine dell’ordinanza, ma difficilmente le 9.000 pagine del fascicolo del pm, e si ritroverà di nuovo davanti alla gip, dovrà rispondere, si suppone, delle contestazioni sulla cui base è stato arrestato. O dovrà anche render conto, come vorrebbero le voci fatte circolare, anche della sua politica sulla sanità? Eh sì, perché apprendiamo che esisterebbe un “focus” sulle cliniche. Cioè, se è vero quel che abbiamo letto, “i magistrati intendono accendere un faro”. Non solo su eventuali contributi elettorali che il governatore potrebbe aver ricevuto da titolari di cliniche private, ma addirittura su progetti e visioni di riforme future. Per esempio per equiparare il sistema sanitario ligure a quello lombardo, dove a spese del servizio sanitario pubblico il cittadino può accedere anche alle cliniche private, che in quel caso svolgono un pubblico servizio. Questo “focus”, questo “faro” sarebbero finalizzati, una volta individuato il potenziale autore, a cercare nuovi reati che potrebbe aver commesso? E questo in un sistema liberale?

Ma ancora più gravi sono i danni collaterali che riguardano terze persone di cui, solo tra parentesi, sotto titoloni e servizi fotografici, si precisa che non sono indagati. In questi casi l’espressione usata è “spuntano altri nomi eccellenti”. Viene chiamato in causa per esempio l’ex presidente Claudio Burlando, reo e peccatore per esser salito su una barca, come se a Genova le barche dei ricchi non fossero l’equivalente delle terrazze delle case borghesi. Poi c’è l’ex procuratore Francesco Cozzi il quale, come altri suoi colleghi, Antonio Ingroia piuttosto che Tonino Di Pietro, dopo la pensione ha iniziato a fare l’avvocato e gli è capitato di fare una consulenza “sospetta”. E il furibondo sindaco genovese Marco Bucci, intorno al quale le api stanno ronzando.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.