Giorgia Meloni allarga il perimetro del centrodestra mentre Elly Schlein cresce a spese degli alleati. Significa che il campo largo è stretto, e la coperta corta. I riformisti si fanno tentare da Schlein o sedurre da Tajani? I più stentano a ritrovarsi nella faida tra Carlo Calenda e Matteo Renzi: una parte di simpatizzanti sceglie di non scegliere. E se, ci dice l’analisi dei flussi a cura di Swg Radar, è il M5S ad essere maggiormente abbandonato dai suoi elettori (-35% in favore del non voto), chi si astiene proviene poi dal voto ad Azione e ad Italia Viva con +Europa: il 30% dei loro sostenitori non li sostiene più. Per chi è rimasto fedele alle due liste riformiste e liberali, 1.650.000 elettori, la punizione è la dispersione del voto.

Scomparsa una città

Annullati nei veti incrociati, quel corpo di un milione e seicentocinquantamila elettori corrisponde alla città di Milano: è come se fosse scomparsa, risucchiata tutta intera. Un bel capolavoro. Matteo Renzi ammette l’insuccesso attribuendone la responsabilità a chi ha diviso l’area e preannuncia il passo indietro: «Personalmente credo che il percorso – necessario – per la costruzione di una nuova casa libdem, riformista e popolare debba essere portata avanti da persone nuove, diverse da chi ha fatto fallire il Terzo Polo. Non si può ripartire da capo con i protagonisti delle recenti telenovelas. Proporrò all’Assemblea Nazionale di Italia Viva di indire per l’autunno un congresso straordinario, per il rinnovo della Presidenza nazionale e per costruire con gli altri soggetti interessati il cantiere riformista. Cantiere democratico, dal basso, partecipato: non comunicato dall’alto». Carlo Calenda risponde convocando una fase costituente di «riformisti, liberali e popolari». Ciascun per sé, senza parlare all’altro: già in queste premesse si scorge la coazione a ripetere. Da noi manca un Emmanuel Macron, anche nello stile. L’errore degli opposti antagonismi dei centristi – diventati centrini, ricamati a sbalzo – frutta cinque-sei seggi di cui beneficiano FdI, Pd, Lega e Forza Italia.

La crisi di crescita di Fratelli d’Italia

Se a destra ringraziano, devono però fare i conti anche tra loro. Fratelli d’Italia vive una crisi di crescita: ha più consenso che classe dirigente. Più seggi che personale politico all’altezza della sfida. Più eletti che progetti da portare avanti. Tanto più che, freddi sul rinnovo di Ursula Von der Leyen, distanti da candidati alternativi, scettici sulla maggior parte dei dossier federali, i meloniani si ritrovano al centro del salone, nel gran ballo a corte in Europa, senza niente da mettersi. Dietro, molto dietro, Forza Italia avanza e scalza, seppur di solo mezzo punto, il Carroccio. Antonio Tajani rivendica di aver riportato in vita l’araba fenice azzurra – data troppo presto per morta – ma costituisce un elemento di crescente tensione tra gli alleati: Letizia Moratti scalpita, adesso può ambire a un posto di Commissario europeo, sottraendolo a Giancarlo Giorgetti che già ci aveva fatto la bocca. Oppure potrebbe offrire al leghista quello scranno, andandolo a sostituire al governo.

Il rimpasto di avvicina

Sia come sia, il rimpasto si avvicina e un Meloni bis potrebbe tenere conto dell’ancoraggio di FI al centro come elemento non disturbante per la premier e il suo partito. FdI e FI potrebbero muoversi a tenaglia, a spese della Lega che intanto congela la crisi del salvinismo: la rimanda. Ma Salvini che ha fatto crescere il Generale Roberto Vannacci, asso pigliatutto delle preferenze, ora deve fare i conti – per la prima volta – con un temibile competitor interno. Vannacci, primo per preferenze leghiste in tutti e quattro i collegi dove si è presentato, sta ricevendo in queste ore le richieste, le proposte, le offerte dei quattro non eletti nei collegi. Ne rimarrà fuori uno solo, e sarà il solo Generale a deciderne le sorti. Un potere contrattuale inedito nelle mani di un non iscritto. Una novità non da poco per un partito tutto incentrato sul leader.

Elly festeggia

Il Pd di Elly Schlein festeggia, stappa bottiglie, esulta pur avendo preso mezzo milione di voti in meno del 2019. Schlein prende 120mila preferenze, non poche. Ma decisamente inferiori a quelle di Stefano Bonaccini e di Giorgio Gori: un’ennesima volta, come già avevano decretato i congressi del Partito democratico, il governatore dell’Emilia-Romagna è il preferito da militanti e elettori. Ed è una ipoteca sul Nazareno, quella aperta ieri dal governatore, che vede intorno a lui un esercito di amministratori locali e sindaci di matrice riformista. Se il Pd cresce, lo fa a spese di chi gli sta intorno: il vaso comunicante con il Movimento Cinque Stelle ne è la dimostrazione plastica.

Il grande sconfitto

Grande sconfitto di queste elezioni è Giuseppe Conte, che pure ha puntato sul collegio del Sud e sul tema del Reddito di cittadinanza europeo, e messo Pasquale Tridico a guardia dell’orto. Ha fatto molto male i suoi conti, portando a casa il peggior risultato del M5S dal 2014 a oggi. Alleanza Verdi-Sinistra ha giocato bene le sue carte (Ilaria Salis, movimenti studenteschi, nuovi poveri, pro-Palestina etc.) ma non ha risolto l’enigma che lo circonda, al momento di prendere il passaporto per l’Europa: dove andranno a sedere, i sei eurodeputati eletti? I Verdi stanno nell’omonimo gruppo europeo, Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni siede nel gruppo Gue/Ngl, quello della sinistra estrema. Si divideranno, appena eletti? Tre e tre? E chi sosterranno, come presidente della Commissione? Nessuno. Contenti i loro elettori, contenti tutti. Nell’insieme, in Italia non si è visto il successo delle destre oltranziste come in Francia e Germania. Anzi, in controtendenza, da noi il voto ha reso chiaro che la leadership del centrodestra è contendibile. Ma che alla sinistra manca un pezzo per poter trasformare le dichiarazioni in sfida. Manca nei numeri – e  nelle culture politiche – quella che siamo abituati a identificare come area riformista e senza la quale vincere è impossibile per ragioni matematiche prima che politiche.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.