Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro direttore,
la notizia di una trattativa tra il governo italiano ed Elon Musk per la fornitura di servizi di telecomunicazione da parte di Space X per il valore di 1,5 miliardi di euro, come prevedibile, ha generato un ampio dibattito. Oltre alla nota di Palazzo Chigi che ha smentito la firma di un accordo e le fisiologiche posizioni di Musk a sostegno del suo prodotto, vorrei soffermarmi sulle reazioni della sinistra per allargare il ragionamento al rapporto tra il mondo progressista e l’innovazione. Per farlo occorrono però alcune premesse.

Anzitutto la condizione di arretratezza in cui si trova una parte del paese sulla connettività; nonostante negli ultimi anni siano stati compiuti notevoli passi avanti, una fetta consistente del territorio italiano (in particolare nelle aree interne) è a oggi sprovvista non solo di Internet veloce ma addirittura della possibilità di accedere alla rete. Le conseguenze sono facilmente immaginabili e generano mancato sviluppo, accrescono lo spopolamento, privano i cittadini di quei territori di diritti (contraddicendo peraltro la Costituzione, che imporrebbe pari dignità di diritti per tutti). Oggi più nessuno si permette di derubricare l’assenza di connessione come un aspetto marginale e secondario: perciò la questione è seria e urgente. Per ovviare a queste lacune, una rete Internet satellitare sarebbe non solo auspicabile ma necessaria. Allo stesso modo, poter usufruire dei satelliti per le forze dell’ordine e per i cittadini nei casi di calamità naturali sarebbe utile.

Se l’Italia e l’Europa disponessero di questa tecnologia, nessuno avrebbe dubbi nel dare priorità a un gestore nazionale o europeo. Il problema è che, ad oggi, non esiste. E arriviamo così alla seconda premessa. Per quale motivo l’Unione europea non è stata in grado di realizzare una tecnologia satellitare nei tempi e nelle modalità giuste? Un progetto europeo in verità c’è e si chiama Iris2, ma il suo iter di realizzazione è iniziato nel marzo 2023 e prevede di mettere in orbita nel 2030 i primi 290 satelliti (per fare un paragone, a ottobre dello scorso anno i satelliti di Starlink in orbita erano 6.473). Cinque anni per una tecnologia sono un’eternità, e immaginare che l’Italia rimanga senza una rete satellitare di appoggio per un arco temporale così lungo significa limitare la nostra crescita e il nostro sviluppo. Così come sulla Difesa, anche in questo caso – più che puntare il dito contro gli americani – dovremmo interrogarci sui macroscopici errori di strategia dell’Unione europea che, ancora una volta, si trova a dover rincorrere Stati Uniti e Cina.

Torniamo così alla sinistra italiana. La dura reazione dei partiti progressisti all’ipotesi di un accordo del governo con Musk per adottare Starlink induce una riflessione su quale sia l’approccio verso l’innovazione da adottare. La levata di scudi all’ipotesi di un’intesa con Space X ha dato la sensazione che i veri reazionari oggi siano proprio a sinistra, il contrario di un approccio riformista e moderno che dovrebbe avere il mondo progressista. Un conto è porre una condivisibile attenzione al tema della sicurezza nei settori strategici; un altro è la chiusura aprioristica verso una tecnologia importante, come hanno dimostrato la guerra in Ucraina e le numerose catastrofi naturali in cui l’utilizzo dei satelliti di Starlink si è rivelato determinante.

Non è la prima volta che le Big Tech ottengono contratti con lo Stato, la Pubblica amministrazione o le forze armate (che utilizzano tecnologie Nato), così come sono vari i fondi di investimento stranieri che hanno investito in settori strategici. La differenza è che questa volta a farlo è un imprenditore schierato politicamente con i repubblicani, e c’è perciò un pregiudizio ideologico nei suoi confronti. Più che il colore politico di Elon Musk, bisognerebbe soffermarsi sui servizi delle sue aziende e chiedersi se oggi Starlink può o meno essere utile all’Italia.

Mi sia poi consentita un’ultima osservazione: la stessa solerzia e attenzione ai settori strategici sarebbe stata utile quando si votavano in Europa direttive, leggi e regolamenti inerenti al Green Deal con il pericolo di consegnarci alla Cina nella transizione ecologica.

Francesco Giubilei – Direttore scientifico Fondazione Alleanza Nazionale

Francesco Giubilei

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