Storie e testimonianze
Mafie e Terra dei Fuochi, i familiari delle vittime: “L’indifferenza può uccidere più di una pistola”
«La parola legalità andrebbe sostituita con responsabilità, o meglio corresponsabilità» dice Bruno Vallefuoco parlando ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. I detenuti sono tutte persone accusate di reati associativi. Le parole di Bruno Vallefuoco lasciano trapelare un dolore che dura da ventiquattro anni, una ferita che non diventerà mai cicatrice e fa male, sempre. Suo figlio Alberto morì nel 1998, ucciso per errore dalla camorra. Era il 20 luglio, faceva caldo e Alberto, ventenne, aveva da poco iniziato un tirocinio al pastificio Russo in via Nazionale delle Puglie, a Casalnuovo. All’ora di spacco la pausa al bar per un caffé prima di tornare a lavoro era una tappa obbligata.
Quel 20 luglio fu fatale: quattro killer armati di kalashnikov e revolver mirano ad Alberto e ai suoi colleghi Rosario Flaminio e Salvatore De Falco. Furono massacrati di proiettili, vittime innocenti di killer che commisero un terribile errore di persona. «La sentenza, anche se dura, non mi ridarà indietro mio figlio – afferma Bruno Vallefuoco -. Nel vocabolario troviamo solo le parole orfano e vedovo, mentre non esiste un termine che indichi lo status di genitore che perde un figlio». Porta addosso una condanna a vita, ma ha aderito al progetto di Libera e del garante regionale Samuele Ciambriello accettando di parlare in carcere ai detenuti. Perché legalità dev’essere sinonimo di responsabilità, e la pena deve tendere a responsabilizzare e non a vendicare. L’incontro a Santa Maria Capua Vetere chiude un ciclo di confronti tra vittime e autori di reato che si sono svolti nei giorni scorsi negli istituti di Poggioreale, Secondigliano, Bellizzi in vista della giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti della camorra che si svolgerà a Napoli lunedì.
Oltre a detenuti e familiari di vittime innocenti, all’incontro di ieri nel carcere sammaritano presente anche una delegazione di studenti e docenti dell’istituto tecnico “Leonardo Da Vinci” di Santa Maria Capua Vetere, a riprova che si può ridurre la distanza tra il mondo fuori e quello dietro le sbarre. «In Italia su 1.040 vittime innocenti di mafie, metà sono campane – ricorda Ciambriello -. È importante parlare di criminalità organizzata e ricordare le vittime innocenti per non restare indifferenti. L’indifferenza è un proiettile che uccide più di un’arma». E un invito a non restare indifferenti arriva anche da Marzia Caccioppoli, mamma di Antonio morto a soli nove anni per una malattia causata dalle tossicità nella cosiddetta Terra dei fuochi. «Sono dieci anni che combatto con don Maurizio Patriciello per la salvaguardia del futuro dei giovani. Antonio, ad ottobre scorso, avrebbe compiuto 18 anni e per una madre di figlio unico è un dolore inspiegabile».
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