«Quella che ha Nadia è un’ampia documentazione. Adesso ci aspettiamo che parta un’indagine a 360° sulla Procura di Genova. Siamo convinti che lì sono celati segreti che possono scuotere tutta l’Italia, ben più di Mafia Capitale». Il presidente di Federcontribuenti, Marco Paccagnella, non ha dubbi. Da nove anni conosce e segue Nadia Gentilini, ex immobiliarista di Chiavari che venti anni fa fu incaricata dalla società dell’ex cantiere navale al porto cittadino di vendere decine di immobili che dovevano sorgere in quell’area. Un affare milionario, su cui avevano messo gli occhi la politica locale corrotta e probabilmente le ‘ndrine. Da allora è iniziato il suo “calvario”, raccontato nel libro-autobiografia “Annientata. La mia lotta per la legalità“, pubblicato nel 2018.

In questi anni ha denunciato minacce di morte dirette per strada e sotto casa, telefonate e biglietti funebri, il furto della macchina, ritrovata vicino alla camera mortuaria dell’ospedale di Lavagna e sei coltelli sullo scooter, tutto riportato a polizia e carabinieri. Avvisaglie tipiche del metodo mafioso, in un’area come quella compresa tra Genova, Chiavari, Tiguglio e Lavagna (comune sciolto per mafia nel 2017) in cui dal 2000 diverse indagini e arresti, oltre che una sentenza della Corte di Cassazione e documenti della Commissione antimafia e della Direzione investigativa antimafia, hanno dimostrato la presenza della ‘ndrangheta. Tra gli interessi traffico di droga, armi e rifiuti, oltre alle operazioni immobiliari.

Proprio grazie alla testimonianza di Nadia, nel 2012, vengono condannati in via definitiva, dopo un’inchiesta a Genova, l’ex sindaco di Chiavari Vittorio Agostino e suo figlio, l’architetto Alessandro, tra l’altro legati all’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito. Tentata concussione: sei e quattro anni di galera, perché, come è scritto nella sentenza a loro carico, «hanno escogitato un sistema per avere la completa gestione dell’affare dell’ex cantiere». Ma con il loro arresto le minacce a Nadia non si placano e nel frattempo l’immobiliarista perde, stranamente, quasi tutti i clienti. Non solo: il Comune di Chiavari avvia la trasformazione di una parte confinante con l’ex cantiere in albergo, soggetta a vincolo monumentale. L’operazione sottrae appeal al progetto affidato a Nadia, che non riesce a ripagare un prestito che le è stato fatto da Banca Sella: a quel punto scatta il pignoramento e lei deve chiudere la sua agenzia immobiliare.

Francesco Belsito a processo nel Tribunale di Milano, 2019

Nello stesso 2012 entra nel vivo il caso Belsito. Nadia, che riceve intanto il sostegno di Libera, riesce a farsi ascoltare per sei ore degli inquirenti del pm Henry John Woodcoock alla Procura di Napoli. Poi nel 2013 tutto passa alla Procura di Genova, dove la donna racconta che non si trovano più documenti e denunce che aveva depositato prima a Chiavari e poi a Napoli dal 2009. Le dicono di andare dal pm Piscitelli, che non trova, per questo si rivolge al procuratore capo Francesco Cozzi, lo stesso che ora indaga su Aspi per il crollo del Ponte Morandi e sui 49 milioni della Lega. Con lei c’è l’avvocato di Libera Valentina Sandroni, che racconta a Il Riformista: «Cozzi le disse che non aveva prove, ma noi avevamo indizi forti per avviare un’indagine». Quegli “indizi” non sono solo i documenti sul suo caso (studi edili, contratti, visure e documenti sul piano regolatore di Chiavari), ma anche denunce di cittadini e imprenditori che si dicono sotto tiro della criminalità e altre carte che parlano di operazioni anomale.

Nadia, spaventata dalle minacce, scappa dalla Liguria. Nel 2016 la Procura di Genova archivia il suo caso (qualche anno prima lo stesso era successo alla Procura di Biella). Ci dice l’avvocato Sandroni: «Probabilmente per prescrizione, anche se non ci è stato comunicato. Noi abbiamo inviato negli anni diversi solleciti, senza risposta. Non sappiamo nemmeno se le indagini sono state avviate. Grave che Nadia non sia mai stata chiamata da un magistrato e che siano passati sette anni per una archiviazione, sono tanti».

L’ex immobiliarista, però, non si arrende e tramite parlamentari di Pd e Movimento 5 Stelle arriva a depositare lo scorso giugno la sua memoria, con tutta la documentazione, alla Commissione antimafia. Il presidente Nicola Morra spiega a Il Riformista: «Quello che c’è stato riferito credo meriti un doveroso approfondimento, per tanti aspetti che non posso indicare. Sono questioni delicate e in buona parte sono state oggetto di secretazione». Poi aggiunge sulla Procura di Genova: «Dico soltanto che per combattere certe realtà bisogna studiare assai bene e a me sembra di capire che in tante parti del nostro Paese ancora manchi una sana, diffusa e profonda cultura e conoscenza di fenomeni mafiosi».

Il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra

Qualcosa di simile diceva nel 2016 a Il Secolo XIX il predecessore di Cozzi, Michele di Lecce: «Diversi giudici non sembrano comprendere come la ’ndrangheta esercita il suo potere. Non la vedono, non la sentono, la ignorano. Sembrano vivere su un altro pianeta. Il processo “Maglio 3”, alla malavita calabrese radicata a Genova si è concluso con una riga di assoluzioni. L’inchiesta “La Svolta”, sulle ’ndrine del Ponente, ha perso per strada il livello politico, prima che il Consiglio di Stato annullasse gli scioglimenti di Bordighera e Ventimiglia». Lo stesso Cozzi, inoltre, a gennaio di quest’anno lamentava a Genova carenza d’organico per magistrati e amministrativi, sostenendo che così «non è facile portare avanti inchieste importanti».

Nel frattempo Nadia, che si sente sostanzialmente “ignorata” dalla giustizia ligure e che non ha mai ricevuto una scorta, ha paura di morire e per questo tiene un diario giorno per giorno. Ora si è candidata alle elezioni regionali in Liguria di domenica e lunedì prossimi con l’ex grillina Marika Cassimatis. «Voglio fare qualcosa per la Regione – sostiene – e per tutte le persone vittime della mafia. In Liguria c’è un muro incredibile, una protezione istituzionale che non fa emergere e risolvere le situazioni come la mia».