Maltrattare una donna è un fatto culturale” questa la motivazione che ha spinto un Pm di Brescia a chiedere l’assoluzione di un bengalese accusato di aver picchiato l’ex moglie per anni. Viene da domandarsi come sia possibile che un Paese come il nostro, nel quale i maltrattamenti sulle donne sono puniti dalla legge, contempli anche solo l’esistenza di una simile richiesta di assoluzione.

L’errore è mischiare la cultura con il diritto: quest’ultimo vale per tutti e non può essere adattato sulla base di presunti usi e costumi di altre nazioni, non è accettabile qualsiasi forma di relativismo giuridico, in quanto la legge non ammette discriminanti estranee alla legge stessa. Il multiculturalismo presuppone una serena convivenza tra persone con religioni e storie differenti, cosa ben diversa dalla possibilità di non rispondere a dei reati perché “ammissibili” secondo le usanze dei propri paesi di provenienza, non possono e non devono esistere “eccezioni culturali” di fronte alla legge, la violenza morale e materiale rimane violenza a prescindere da qualsiasi riferimento culturale.

L’Italia ha anche aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite che vieta esplicitamente violenze di qualsiasi tipo e forma contro le donne, non può esserci una rimessa in discussione di quest’ultima, “erga omnes”: “da far valere nei confronti di tutti”. L’articolo 3 della nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

“Eguali davanti alla legge”, questa frase sarebbe sufficiente a smontare la richiesta di assoluzione del Pm Antonio Bassolino: chi decide di trasferirsi in Italia deve rispettare le nostre leggi e vivere seguendo le norme del nostro ordinamento giuridico, questo a prescindere dalla sua cultura, lingua o religione. Alla base dell’integrazione vi è il rispetto del diritto e il conseguente adeguamento nei comportamenti, diversamente non avremmo neanche bisogno di un ordinamento giuridico.

L’integrità di un Paese è sorretta dalle sue leggi e dal rispetto di esse, su questo bisogna essere irremovibili, nel momento in cui il diritto si applica con delle eccezioni, viene a mancare il suo precetto fondamentale: “la legge è uguale per tutti”.

La sentenza è prevista in ottobre, la ragazza bengalese che ha avuto il coraggio di ribellarsi alle violenze subite, ha dichiarato al Giornale di Brescia che “la aspetta fiduciosa” e che “non può pensare che in Italia sia permesso a chiunque di fare del male agli altri impunemente in nome di una cultura in cui la donna non conta nulla e un uomo tutto può su di lei”.

È anche e soprattutto per giovani donne come lei che il nostro Paese dovrebbe garantire la giusta attuazione del diritto nei confronti di chi non rispetta le nostre leggi, nessuna impunità, nessuna eccezione. In un Paese civile come il nostro non dovrebbe essere necessario rimarcare che le leggi valgono per tutti, nessuno escluso. Rimane adesso da indagare quale sia la motivazione, a questo punto dal mio punto di vista esclusivamente personale, che ha spinto un procuratore della repubblica ad una simile “esternazione”, ma questa è un’altra storia.

Marta De Vivo

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