La crisi della politica e della cultura, binomio inscindibile, è precipitata in un burrone terrificante e terrorizzante. Questo scenario desolante ha spinto il presidente Mattarella a chiedere al prof. Mario Draghi, la personalità più autorevole in campo, di formare un governo di alto profilo e quindi con la presenza di personalità di valore indiscusso e indiscutibile. La discussione si sta avviluppando sulla natura del governo, politico o tecnico, rendendo ancora più plastica la povertà concettuale dei contendenti. Il compito di Draghi non è facile, ma forse avendo presente l’esempio di Ciampi la soluzione non è impossibile.

Mi piace ricordare un dialogo che ebbi con Pietro Bucalossi, fondatore dell’Istituto dei Tumori e sindaco di Milano che mi disse che non avrebbe mai accettato di fare il ministro della Sanità per molte ragioni. Così lui medico divenne un eccezionale ministro del Lavori pubblici e ancora si parla della legge Bucalossi sulle concessioni edilizie e il diritto di edificazione come un modello. In seguito fu presidente della commissione Giustizia alla Camera dei deputati e fu determinante per l’approvazione del diritto di famiglia. È la dimostrazione che il tratto determinante risiede nella capacità di capire i nodi delle questioni e di decidere. Ogni decisione è inevitabilmente politica e se una persona è per esperienza abile a sciogliere i nodi lo può fare forse meglio in un campo dove non è condizionato da interessi corporativi o da pregiudizi.

Una questione dirimente oggi è condizione della giustizia, penale e civile, e la situazione delle carceri e delle leggi criminogene che alimentano il sovraffollamento. Cominciano a circolare nomi per il ministero delle Giustizia e si fa anche quello di Paola Severino che ha già ricoperto tale funzione nel governo Monti. A futura memoria riporto integralmente quanto avevo scritto nell’Introduzione del volume Volti e maschere della pena, curato con il costituzionalista Andrea Pugiotto e pubblicato nel 2013 dalle edizioni Ediesse per la collana della Società della Ragione. “In occasione della discussione al Senato sulla legge anticorruzione, in sede di replica il Guardasigilli Severino (ministro della Repubblica nata dalla Resistenza, come si diceva un tempo) non ha avuto remore nell’elogiare il codice penale vigente e il suo autore, Alfredo Rocco: «[ne] sono personalmente orgogliosa, perché è stato redatto da chi, essendo un tecnico e vivendo in un periodo estremamente negativo nella sua significatività, ha saputo mantenere la barra del timone dritta e costruire un codice valido tecnicamente, tant’è che ancora oggi, a decenni di distanza, è in vigore».

Alfredo Rocco fu certamente un insigne giurista. Ma è stato anche un politico, direttore della rivista intitolata proprio Politica, esponente del movimento nazionalista prima di aderire al fascismo, di cui divenne uno dei più influenti esponenti. Il codice penale che porta il suo nome ha posto le fondamenta giuridiche su cui edificare lo Stato etico e la dittatura: basterebbe la lettura della biografia di Benito Mussolini, scritta da Renzo de Felice, per comprenderne il ruolo nel Regime. Oppure rileggere le parole di Piero Gobetti, che nel suo libro Rivoluzione Liberale dipinge Alfredo Rocco come un “candido giurista inesperto di storia” e lo irride come teorico del sindacalismo nazionalista: “I sindacati di Rocco sono un’invenzione di carattere professionale, sono un semenzaio dei nuovi clienti”.

Ancora più grave è che un ministro della Giustizia dimentichi (o ignori) che proprio ad Alfredo Rocco si deve il regolamento carcerario del 1931, che tracciò l’impronta teorica sulla funzione della pena propria del fascismo, e in cui abbandonava le raffinatezze dello studioso per assumere le vesti del crudele torturatore. Sarebbe davvero paradossale che a novanta anni dall’entrata in vigore del Codice Rocco, invece di mettere nell’agenda della politica l’approvazione di un nuovo codice, utilizzando i lavori delle tante Commissioni che hanno negli anni prodotto testi riformatori (Pagliaro, Grosso, Nordio, Pisapia) si insediasse in via Arenula una tifosa dell’ideologo dello stato totalitario.

Per fortuna nella scelta dei ministri il ruolo del presidente della Repubblica è decisivo come indica la Costituzione e quindi Mattarella fornirà tutti gli elementi per una scelta saggia. D’altronde i nomi di garantisti, uomini e donne, sono ben presenti e in campo.