Il monito
Mio nonno Guido Carli direbbe: “Ne usciremo più forti di prima”

Ne verremo fuori più forti di prima. Il nostro Paese ha tutti gli strumenti e le risorse per ripartire sulle ali dell’orgoglio e della genialità creativa. Sono giorni e interminabili ore in cui la forza della ragione deve prevalere sulla paura e sull’oscurantismo. È un esercizio di sopravvivenza che dobbiamo praticare contro ogni fosca previsione, almeno nella palestra dell’anima.
Ne verremo fuori più forti di prima, dunque. Sono le parole con cui – spiazzandomi e sorprendendomi come sempre – mi conforterebbe Guido Carli, mio nonno. Anche di fronte allo scenario avvilente della paralisi forzata, della paura dilagante, di un’economia continentale congelata dal virus, avrebbe avuto la meglio la forza del suo ottimismo. Non retorica né utopia, ma visione del futuro fondata sulla competenza del grande economista, del ministro del Tesoro che ci ha portato per mano nell’unione monetaria col Trattato di Maastricht del 1992 da ministro del Tesoro, dell’uomo al quale «questo Paese deve molto», per usare le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Singolare coincidenza. Il 28 marzo del 1914 nasceva a Brescia l’ex governatore di Bankitalia ed ex presidente di Confindustria, artefice dell’ingresso nell’euro. E proprio in questi giorni è maturata la decisione storica della presidenza Von der Leyen della Commissione europea, quella di sospendere il Patto di Stabilità: vuol dire congelare l’insieme delle regole che hanno governato le politiche di bilancio degli Stati membri che risalgono al 1997.
I cardini di quelle regole, a cominciare dal tetto deficit/Pil al 3 per cento, risalivano proprio al Trattato di Maastricht. Anche se è dal ‘97 che poi il castello europeo ha preso un’altra forma, quella cioè delle regole sempre più vincolanti, stringenti, per certi versi e in certi contesti perfino asfissianti per i cittadini europei. Non era l’Europa che Guido Carli aveva immaginato, sognato, costruito. È un castello che oggi, purtroppo sotto l’effetto del contagio planetario, si sta sbriciolando.
Lo stanziamento di 750 miliardi da parte di Bruxelles darà una boccata d’ossigeno ai governi dell’Unione. Consentirà di evitare il tracollo e sarà un primo passo. Ma non sarà sufficiente se non muterà l’approccio, se le burocrazie comunitarie non allenteranno i vincoli, se non cambieranno le regole. Bisognerà ricostruirlo, quel castello, su nuove fondamenta. Questa volta calibrate sulle esigenze e le aspettative, insomma sulla vita dei cittadini europei.
È l’insegnamento e il lascito morale dell’economista e dell’umanista Carli, che la Fondazione da me presieduta tenterà di rinnovare, nonostante le mille difficoltà, anche quest’anno con la celebrazione di un Premio Internazionale.
Si dice che l’Italia sarà il primo Paese europeo a uscire dall’emergenza sanitaria, dal tunnel più buio. A lasciare la galleria per prima, insomma. E si sa che a farlo è sempre la locomotiva del treno. Bene: facciamo in modo che il drammatico «dopo guerra» che ci attende diventi il tempo propizio perché l’Italia dei talenti, patria dell’umanesimo, diventi traino della nuova Europa dei cittadini. Abbiamo tutte le energia e le potenzialità perché questo accada. Sarà fondamentale crederci.
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