Il paziente più piccolo in terapia intensiva dall’inizio della pandemia è nato 15 giorni fa e ora lotta contro il Covid nel reparto di pediatria dell’ospedale di Padova dove è stato ricoverato con un quadro clinico compromesso da polmonite. “Inizialmente l’indicazione alle gestanti – ha raccontato il presidente della regione Veneto Luca Zaiaera quella di attendere prima di fare la vaccinazione. Purtroppo, dopo, si è visto che parecchie gestanti hanno avuto qualche guaio. Adesso i medici stanno spingendo per la vaccinazione anche delle donne in gravidanza”. La madre infatti non si era vaccinata per paura di nuocere al suo bambino, spiegano i medici, e ora il neonato è in gravi condizioni.  I sanitari non possono sbilanciarsi sul decorso, e dall’ospedale non filtrano altre informazioni, anche se al momento sussiste un’unica certezza: il contagio non è avvenuto durante la gravidanza, bensì dopo la nascita.

Il bimbo non presentava il virus alla nascita, il tampone aveva dato esito negativo. Così era stato possibile autorizzare le dimissioni, per far rientrare mamma e figlio a casa. Ma dopo qualche giorno, allattato dalla donna, il bimbo ha iniziato a manifestare i sintomi del contagio. La donna si è ripresentata in ospedale il 9 settembre, e la diagnosi non ha lasciato dubbi: il neonato aveva contratto il virus Sars-Cov2, molto probabilmente, con il contatto continuo. L’allattamento, su indicazione dei medici, non risulta invece essere un comportamento vietato per le neo mamme.

Quella della mamma di Padova è una storia già vista in questi mesi di pandemia. Donne in gravidanza che per timore di conseguenze sul feto, hanno preferito non fare, o rimandare, la vaccinazione contro il Covid. Peraltro tutto sembrava essere andato liscio per lei: il bimbo era nato senza alcuna evidenza del virus, nonostante la gestante fosse positiva (ora è negativizzata) quando è entrata in ospedale ed è arrivata al parto. Poi la comparsa dei sintomi.

Il professor Eugenio Baraldi, direttore della patologia neonatale in Azienda ospedaliera a Padova, ha spiegato al Corriere che “la trasmissione del virus in gravidanza è un evento rarissimo, lo attestano diversi studi internazionali può invece avvenire dopo la nascita, attraverso il contatto con i familiari, con la mamma in particolare. Purtroppo la variante Delta sta colpendo anche i bambini, abbiamo visto tanti neonati positivi al Covid ma pochi con patologia importante e questo è il primo bisognoso di terapia intensiva”. L’infezione, come ha appurato la scienza, non viene trasmessa da mamma a neonato neanche attraverso l’allattamento, purché vengano rispettate delle accortezze.

Il numero di donne incinte vaccinate è molto basso, come ha confermato Baraldi: “Poche si immunizzano. Capisco il timore, ma il vaccino non crea loro problemi. Eppure il messaggio di proteggere se stesse e il nascituro, anche dall’altrettanto pericolosa pertosse e dall’influenza, non passa. È stato provato che se la futura mamma assume i vaccini contro queste malattie negli ultimi 3 mesi di gravidanza gli anticorpi passano al feto, tutelandolo”.

“Stanno arrivando anche tante pazienti in gravidanza colpite dal Covid e con un impegno respiratorio tale da richiedere il taglio cesareo subito, per salvare il bimbo, anche a gestazione non ultimata. Diversi parti sono avvenuti alla 26esima e alla 27esima settimana ed è un fenomeno più frequente rispetto alla prima ondata”, ha spiegato Baraldi. Intanto il ministero della Salute sta cercando di convincere le donne incinte a vaccinarsi, chiedendo anche l’aiuto di ginecologi e medici di famiglia.

Riccardo Annibali

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