Il processo
Omicidio di Nino Agostino, dopo 32 anni giustizia per il poliziotto: ergastolo per il boss Madonia
Una prima, attesa svolta dopo oltre 32 anni. Il gup di Palermo Alfredo Montalto ha infatti condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia, accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989.
Nell’aula bunker era presente il papà di Nino, Vincenzo Agostino, con la sua lunga barba bianca che da quel giorno non si più tagliato in attesa di giustizia.
La richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Madonia era arrivata nel luglio 2020 e il processo che è arrivato oggi a sentenza si è svolto con rito abbreviato. È invece in fase di udienza preliminare il processo nei confronti del boss Gaetano Scotto, a sua volta imputato per l’omicidio di Agostino e della moglie: quest’ultimo inizierà il 26 maggio prossimo perché Scotto aveva scelto il rito ordinario. Stessa decisione anche per il terzo imputato, Francesco Paolo Rizzuto, accusato però esclusivamente del reato di favoreggiamento.
Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio, incinta, furono uccisi da due sicari il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Un fatto di sangue commesso nell’estate dei veleni palermitani dopo le lettere del Corvo e dopo il fallito attentato all’Addaura al giudice Giovanni Falcone.
Una condanna arrivata grazie al padre di Nino, Vincenzo Agostino, che non ha mai mollato la presa sulla ricerca della verità nonostante una richiesta d’archiviazione della procura (a cui la famiglia Agostino si era opposta tramite il legale Fabio Repici), un provvedimento del gip che ha rigettato due richieste d’arresto e dopo due avocazioni di cui una, la prima, è stata annullata dalla Cassazione.
Una storia ricca di depistaggi, documenti spariti e reticenze. Secondo la ricostruzione della Procura generale, Nino Agostino non era un semplice poliziotto in servizio al commissariato San Lorenzo: faceva parte assieme Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto due anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia, di una struttura di intelligence dedita alla cattura dei latitanti, una missione di facciata che nascondeva in realtà l’obiettivo di tessere rapporti con esponenti di Cosa Nostra.
Nino Agostino avrebbe pagato con la vita la decisione di allontanarsi dal gruppo una volta comprese le reali finalità, alla quale aveva anche fornito una pista per la cattura del boss Salvatore Riina. Figure chiave sarebbero state in questa vicenda Aiello, noto come “faccia da mostro“, al centro di tante storie italiane ancora oscure e con legami con ambienti dell’eversione nera, e Gaetano Scotto, da sempre indicato come trait d’union con appartenenti ai Servizi di sicurezza.
Agostino, subito dopo la condanna di Madonia e il rinvio a giudizio di Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, ha commentato così la sentenza: “È la vittoria della magistratura onesta. Questa è una loro vittoria, ma principalmente di mio figlio, che non si è mai fatto corrompere. Una grande giornata quella di oggi. Mi dispiace che mia moglie non sia qui con noi”.
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